Vincolo idrogeologico: no al condono senza l’apposita autorizzazione
CdS: una domanda di condono edilizio anche se precedente all’imposizione del vincolo idrogeologico non può essere accolta se l’opera è in contrasto con il vincolo stesso
Il vincolo idrogeologico non comporta l’inedificabilità assoluta dell’area, ma la sua presenza impone ai proprietari l’obbligo di conseguire, prima della realizzazione dell’intervento, il rilascio di apposita autorizzazione da parte della competente amministrazione, in aggiunta al titolo abilitativo edilizio.
Questo, ed altro, quanto chiarito dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 6140/2021.
Il caso
Una società di telecomunicazioni presentava istanza di condono edilizio (dl n. 269/2003 convertito in legge n. 326/2003, terzo condono) relativa ad alcuni tralicci per l’installazione di antenne e ripetitori.
L’area dove insistevano tali manufatti era stata sottoposta a vincolo paesaggistico dopo la presentazione della domanda di condono edilizio.
Successivamente, giungeva il parere negativo della Soprintendenza, per cui il Comune emetteva un ordine di demolizione.
La società lamentava, quindi, la cattiva applicazione dell’art. 32 (Opere costruite su aree sottoposte a vincolo) della legge n. 47/1985 (primo condono), poiché a suo parere le opere edilizie realizzate prima dell’istituzione del vincolo paesaggistico non sarebbero state in assoluto insanabili, ma potevano essere sanate a condizione che sussistesse la conformità urbanistica e che l’Autorità preposta alla tutela del vincolo esprimesse parere favorevole, ai sensi, appunto.
La questione approdava in appello presso il CdS.
La sentenza del Consiglio di Stato
I giudici di Palazzo Spada spiegano che l’art. 32 del c.d. terzo condono, di cui al dl 269/2003, fissa limiti più stringenti rispetto ai precedenti primo e secondo condono (leggi n. 47/1985 e n. 724/1994); infatti il suddetto articolo esclude la possibilità di conseguire il condono nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico qualora sussistano congiuntamente queste due condizioni ostative:
- il vincolo di inedificabilità sia preesistente all’esecuzione delle opere abusive;
- le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
in tal caso l’incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.
I giudici aggiungono che il dl 269/2003 disciplinando in maniera più restrittiva, rispetto al “primo condono edilizio” di cui alla legge 47/1985, con riguardo ai vincoli a protezione dei beni paesistici, ma anche quello idrogeologico, preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza che sia intervenuto alcun parere dell’Autorità ad esso preposta, con ciò collocando l’abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria.
Nel caso in esame, i togati osservano che realmente la domanda di condono edilizio è stata presentata dal ricorrente prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico sull’area in questione, ma risulta altrettanto vero che sull’area gravava, al momento della presentazione della domanda di condono, un vincolo idrogeologico.
Bisogna poi aggiungere che per quanto risultato nel dibattito, le opere in questione non potevano dirsi compatibili con le prescrizioni edilizio-urbanistiche, perché in contrasto con le NTA (Norme Tecniche di Attuazione) del PRG del Comune.
Quindi, ne consegue che a parere dei togati:
le opere soggette a vincolo idrogeologico non sono condonabili ove siano in contrasto con il suddetto vincolo, anche se questo sia stato apposto (ma non è questo il caso) “successivamente alla presentazione dell’istanza di condono”, senza che residui alcun diaframma di discrezionalità in capo all’amministrazione interessata dalla domanda di condono ai fini del suo accoglimento, dovendosi anzi provvedere alla demolizione delle opere abusive
I giudici, in chiusura, ricordano che, a conferma di quanto detto, sempre in base alla normativa intervenuta successivamente in materia di condono edilizio (art. 32, comma 27, lettera d, dl n. 269/2003), non sono suscettibili di sanatoria le opere abusive che “siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
Per maggiore approfondimento leggi anche questi articoli di BibLus-Net:
- “Veranda abusiva in zona vincolata: sempre escluso il condono!“
- “In caso di vincolo idrogeologico niente silenzio assenso e semplificazioni edilizie“
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