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Tolleranze costruttive e demolizione: il superamento del 2% non basta a far scattare la demolizione

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Per il CdS il mero superamento della soglia delle tolleranze costruttive del 2% non risulta sufficiente a configurare una variazione essenziale con conseguente demolizione degli abusi

Tolleranze costruttive, variazione essenziale e demolizione sono gli ingredienti della sentenza n. 3666/2021, in merito ai quali il Consiglio di Stato fornisce importanti chiarimenti.

Il caso

La proprietaria di una unità abitativa, costruita a cavallo tra il 1968 ed il 1969, verificava, con l’aiuto di un tecnico di fiducia, l’esistenza di alcune difformità sull’immobile rispetto al progetto assentito.

Tali difformità riguardavano principalmente:

  • la planimetria dell’unità abitativa, rovesciata a specchio rispetto ad un ipotetico asse di simmetria;
  • una diversa distribuzione degli spazi interni;
  • una variazione della sagoma per un arrotondamento planimetrico di uno dei vani con conseguente emersione di una maggiore superficie abitabile.

Successivamente, la proprietaria chiedeva al Comune un permesso di costruire in sanatoria ai sensi degli artt. 34 (Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire) e 36 (Accertamento di conformità) del dpr 380/2021 (Testo Unico Edilizia).

L’Ente rigettava l’istanza, poiché le difformità riscontrate superavano il 2% (Art. 34-bis “Tolleranze costruttive“del TUE) della volumetria assentita, e riteneva che le opere difformi avrebbero dovuto essere demolite (la demolizione non sarebbe stata un pregiudizio statico per le opere conformi).

La signora, così, decideva di fare ricorso al Tar con le seguenti motivazioni:

  • la cattiva applicazione degli artt. 34 e 36 del TUE;
  • il mero superamento del limite del 2% rispetto alle misure di progetto, non avrebbe potuto imporre la demolizione delle opere, ben potendo le stesse costituire parziale difformità giustificante l’applicazione della sola sanzione pecuniaria.

La sentenza del Tar

Il Tar respingeva il ricorso, rilevando principalmente:

  • un consistente incremento della superficie utile e della cubatura dell’immobile in questione, tali da non potersi ritenere come incremento “minimo”;
  • le opere in questione non potevano essere sanate, non sussistendo peraltro (come pacificamente riconosciuto dalla stessa ricorrente) la doppia conformità (infatti le opere erano state eseguite 50 anni prima, e quindi risultanti conformi a regolamenti non più vigenti. A tal proposito la ricorrente invoca la buona fede in merito a quegli abusi dei quali non era a conoscenza. In proposito leggi questo articolo di BibLus-net);
  • l’applicazione della sanzione pecuniaria, in luogo di quella demolitoria non poteva trovare applicazione per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, quale doveva ritenersi quello realizzato nel caso in esame

La vicenda giungeva presso il CdS.

La sentenza del Consiglio di Stato

I giudici premettono che:

la disposizione di cui all’art. 34, comma 2 ter, DPR n. 380/01  non contiene una definizione normativa della parziale difformità, ma prevede una franchigia.

In altre parole, intende stabilire non che ogni violazione eccedente il 2% considerato costituisce difformità totale, ma al contrario che le violazioni contenute entro tale limite sono irrilevanti.

(ndr. Ricordiamo che il Testo Unico dell’Edilizia è stato aggiornato dal dl Semplificazioni. Si rimanda il lettore ad un articolo dedicato di BibLus-net: “Legge semplificazioni e testo unico edilizia: ampliato il concetto di tolleranze costruttive“).

Palazzo Spada, secondo il proprio orientamento giurisprudenziale, opera le seguenti distinzioni:

  • la parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo abilitativo rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera;
  • si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione.

I giudici osservano che un tale accertamento non risulta condotto dall’Amministrazione comunale, ma si era limitata a negare il permesso di costruire in sanatoria sul mero riferimento al margine di tolleranza del 2%.

Per cui, Palazzo Spada conclude che “il mero superamento della soglia di tolleranza del 2% non risulta sufficiente a configurare una variazione essenziale”, il Comune avrebbe dovuto svolgere una verifica in concreto sulle particolarità delle opere abusive, al fine di evidenziare le ragioni per cui l’intervento difforme eseguito avesse comportato una variazione essenziale, meritevole di sanzione ripristinatoria (artt. 31 “Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali” e 32 “Determinazione delle variazioni essenziali” dpr 380/2001).

Il ricorso è, quindi, accolto.

 

Per maggiore approfondimento leggi anche questi articoli di BibLus-net:

 

Clicca qui per scaricare la sentenza del CdS

 

praticus-ta
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1 commento
  1. pierdomenico pregnolato
    pierdomenico pregnolato dice:

    condivido in pieno: arrivammo alle medesime conclusioni subito dopo il decreto semplificazioni con i lavori della commissione territorio dell’ordine degli ingegneri di venezia

    Rispondi

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