Titoli edilizi falsi: per la sanatoria il committente deve pagare le sanzioni!
Per il CdS il committente frodato dal tecnico con l’ottenimento di titoli edilizi falsi è tenuto lo stesso al pagamento delle sanzioni utili alla sanatoria delle opere
Attenzione, un titolo edilizio falsificato da un tecnico ad insaputa del committente non esonera quest’ultimo dalle responsabilità derivanti dalla realizzazione dell’abuso edilizio e dell’accollo delle relative sanzioni imposte da un’eventuale sanatoria.
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 7418/2021 chiarisce un caso di frode attuato da un tecnico nei confronti del proprio cliente.
I fatti in breve
Il committente di alcune opere edilizie si accorgeva della falsificazione (a sua insaputa) dei titoli abilitativi richiesti dal proprio tecnico al Comune.
Ad opere ormai completate, il privato poneva rimedio all’abuso edilizio concretizzato senza che ne fosse a conoscenza chiedendo un permesso di costruire in sanatoria con il relativo pagamento di oneri e sanzioni.
Successivamente l’uomo faceva ricorso al Tar contro il Comune per la restituzione delle sanzioni versate, poiché riteneva quelle somme corrisposte all’Ente ingiustamente dato che egli stesso era la vittima della frode.
Il Tar accoglieva il ricorso contro il Comune che a sua volta ricorreva in appello presso il CdS.
La sentenza del Consiglio di Stato
I Giudici di Palazzo Spada ribaltando la sentenza del Tar, chiarendo che le sanzioni a titolo di oblazione di cui all’art. 36 (Accertamento di conformità) del dpr 380/2001 non hanno carattere punitivo e non sono rivolte al responsabile dell’abuso edilizio, infatti:
l’accoglimento della prospettazione del ricorrente contrasta in modo evidente con il testo della norma innanzi citata, che richiede il pagamento del contributo di costruzione in misura doppia, senza prevedere alcun margine di valutazione da parte dell’amministrazione; né la norma prevede una sorta di doppio binario a seconda che il richiedente la sanatoria sia responsabile dell’abuso o meno.
I CdS spiega che l’”oblazione” prevista dall’art. 36 del TUE è una somma che viene corrisposta “volontariamente” (la sanatoria è infatti richiesta dall’interessato) al fine di regolarizzare una situazione obiettivamente antigiuridica, di cui lo stesso proprietario, anche se non responsabile, sarebbe chiamato a rispondere.
Ciò ai sensi dell’art 31 dello stesso TUE che prevede che il proprietario, anche se non responsabile in via diretta, può essere soggetto passivo del provvedimento di demolizione, in quanto ha il potere di rimuovere concretamente l’abuso.
In ultimo i togati chiariscono che la circostanza dell’oggettiva illegittimità dell’opera che si è determinata a causa della condotta fraudolenta di un terzo, non può ripercuotersi, come sostiene il ricorrente, nella relazione tra quest’ultimo e l’amministrazione, la quale resta estranea alle vicende che hanno caratterizzato il rapporto tra il ricorrente ed il tecnico dallo stesso incaricato di seguire la pratica edilizia.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
Per maggiore approfondimento leggi anche questi articoli di BibLus-net:
- “Chi è responsabile di un abuso edilizio?“
- “Abuso edilizio su suolo demaniale: la responsabilità è dell’autore materiale“
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