Tettoia e distanze legali. E sul terrazzo?
La tettoia che sporge dal terrazzo oltre i limiti consentiti, deve rispettare le distanze legali tra pareti frontistanti. Lo chiarisce il CdS
Il Consiglio di Stato torna sul tema delle tettoie e quando questi manufatti siano tenuti al rispetto delle distanze tra edifici. Ricordiamo che la Cassazione ha chiarito in passato che le distanze tra edifici vanno calcolate in modo lineare e non radiale onde evitare la formazione di intercapedini nocive. Questa operazione costituisce un passaggio delicatissimo per l’inserimento di un progetto architettonico in un contesto urbano reale, per cui è indispensabile avere uno strumento di lavoro appropriato come un software di progettazione architettonica BIM, in grado di rappresentare velocemente le possibili soluzioni attraverso una simultanea visione del progetto sia in pianta che in 3D, con una drastica riduzione di possibili errori che potrebbero costare caro in termini economici e giuridici.
Tettoia su terrazzo, quando deve rispettare le distanze legali?
In generale, una tettoia di dimensioni rilevanti, idonea a modificare la sagoma di un fabbricato e costituire ampliamento di quest’ultimo, necessita del permesso di costruire. Ma è anche vero che una tettoia, al pari di qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera, deve rispettare le distanze tra fabbricati.
Il caso di oggi dibattuto dai giudici di Palazzo Spada nella sentenza n. 8035/2023, si sofferma sul caso di una tettoia in legno installata a copertura di un terrazzo scoperto al primo piano di un immobile.
Per tale manufatto era richiesto dai proprietari un accertamento di conformità secondo l’art. 36 del dpr 380/2001, ma il Comune opponeva un rifiuto, poiché la tettoia costituente elemento aggettante fuori dal terrazzo superiore a m 1,50 di profondità (in contrasto con la misura limite del regolamento edilizio per gli aggetti), era stata realizzata ad una distanza inferiore a 10 metri dal fabbricato prospiciente.
La questione approdava, quindi, in ricorso presso il CdS.
A parere del ricorrente:
- le distanze minime tra i fabbricati avrebbero presupposto che vi fossero state due pareti in muratura che si fronteggiavano. E poiché nella fattispecie in questione vi era, da un lato, la muratura (per di più muro “cieco”) corrispondente al fabbricato di fronte desinato a civile abitazione, mentre dall’altro si sarebbe trovata solo la tettoia, aperta su tre lati, poggiata sul suo terrazzo, la norma non avrebbe trovato applicazione;
- la tettoia non era da qualificarsi quale elemento aggettante verso l’esterno, perché quella costituiva una tipica definizione che si adattava ai balconi ed ad altre sporgenze dal fabbricato; al contrario, la tettoia era una mera copertura di un terrazzo preesistente già incassato nel fabbricato, tanto che la sua ringhiera si trovava a filo con la parete del sottostante piano terreno.
Per il CdS la misurazione della distanza minima deve avvenire partendo da ciò che sporge della tettoia dal filo del fabbricato
I giudici sottolineano che la tettoia sporge rispetto al filo del fabbricato, così come rispetto al terrazzo che protegge. In altre parole si tratta di un intervento che “viene fuori”, ravvicinando i due fabbricati.
La misurazione dei 10 metri previsti si ottiene sulla distanza tra i rispettivi muri perimetrali e si calcola sul filo di fabbricazione.
Il filo di fabbricazione è definito dal regolamento edilizio quale il perimetro esterno delle murature “con esclusione degli elementi decorativi, dei cornicioni, delle pensiline, dei balconi e delle altre analoghe opere aggettanti per non più di m. 1.50” che, in caso di maggior sporgenza, la superficie coperta sarà conteggiata sull’intera proiezione.
Come si evince testualmente, la norma, che si riferisce espressamente, nell’indicare gli elementi aggettanti, anche alle “pensiline”, chiaramente assimilabili alla tettoia, ritiene che quando il suddetto elemento sporga per una lunghezza superiore a m 1,50, prolunga il cd. “filo del fabbricato”, ai fini del calcolo delle distanze.
In conclusione, poiché la tettoia del caso in esame è aggettante per circa 3,50 metri, è sicuramente destinata ad incidere sul calcolo della linea perimetrale dell’edificio del ricorrente, ai fini del calcolo delle distanze.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
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