Titoli edilizi

Sostituzione copertura tetto: quando occorre il permesso di costruire?

Se la sostituzione della copertura tetto comporta aumento di volume, occorre il permesso di costruire. Lo chiarisce il CdS

Intervenire con opere di rinnovo sul tetto di copertura può comportare non solo la semplice sostituzione del manto di tegole o gli strati che ne costituiscono l’isolamento, ma l’intervento potrebbe necessitare di un vero e proprio cambio di assetto della geometria e delle strutture della copertura. In quest’ultimo caso quale sarebbe il limite di distinguo tra manutenzione straordinaria e nuova costruzione? La risposta giunge da Palazzo Spada attraverso una nuova pronuncia del Consiglio di Stato, la sentenza n. 3263/2023. Ma prima di scoprire i chiarimenti di Palazzo Spada, è utile rimarcare come la scelta del giusto titolo edilizio costituisca una delle fasi preliminari più delicate alla realizzazione di un progetto: la scelta sbagliata costerebbe caro con il rischio di pesanti condanne penali, è per questo che desidero indicarti un valido supporto che possa guidarti in questa scelta, il software per i titoli abilitativi in edilizia che può rendere il tuo lavoro più veloce e al riparo da errori, supportato da una procedura guidata che ti mette a disposizione tutti i modelli unici (compreso il modello CILA Superbonus) per l’edilizia sempre aggiornati e a portata di mano.

Sostituzione copertura tetto: volume tecnico o volume abitabile?

Il proprietario di un immobile decideva di porre mano alla copertura, poiché ormai datata e fatiscente. La copertura del fabbricato era stata sostituita con una struttura portante in ferro e traversi in profilati scatolari metallici, che sostenevano il manto di copertura con pannelli coibentati, di tipo prefabbricato; la nuova struttura portante, dovendo poggiare su un cordolo in calcestruzzo perimetrale, era stata posizionata nella parte inferiore della falda, ad altezza leggermente superiore, rispetto alla preesistente e la copertura era stata, poi, eseguita con un’unica falda inclinata (rispetto alle tre falde originarie), per conseguire la pendenza necessaria allo smaltimento delle acque meteoriche, per cui il nuovo locale sottotetto aveva una cubatura maggiore, rispetto alla preesistente, ma il cui incremento era, tuttavia, contenuto entro il 20% di quella complessiva preesistente ed aveva un’altezza media di 2,40 m circa.

Ma il Comune interveniva con una ingiunzione a demolire le opere eseguite e ritenute abusive, poiché realizzate con altezza maggiore della precedente copertura, con conseguente creazione di volume in assenza del necessario permesso di costruire.

Dopo un primo ricorso del proprietario respinto dal Tar, la questione approdava presso il CdS.

In particolare, il ricorrente lamentava che il Tar aveva ritenuto (erroneamente) che:

  • il nuovo sottotetto fosse abitabile anche se l’altezza media era di m 2,40 (quindi al di sotto dei 2,70 m consentiti per locali abitabili),

ma a parere del ricorrente il sottotetto era stato suddiviso ed allacciato ai servizi sottostanti al solo fine di realizzare delle pertinenze abitative per l’appartamento sottostante (lavanderia, stenditoio, stireria, deposito di derrate alimentari etc.). Insomma, il sottotetto non abitabile (perché non rispettoso della prescritta altezza dei 2,70 m) avrebbe costituito un volume tecnico non necessitante del PdC.

Il Consiglio di Stato: la nuova copertura che crea volume non è manutenzione straordinaria

A parere dei giudici la sostituzione del tetto di copertura con un’altra modalità costruttiva necessita di permesso di costruire quando, implicando aumento della volumetria dell’immobile, non può essere considerata alla stregua di un intervento di manutenzione straordinaria né è possibile giustificare l’incremento di volumetria, realizzato nel caso di specie per effetto della nuova realizzazione della copertura, ricorrendo al concetto di volume tecnico:

La nozione di “volume tecnico” non computabile nella volumetria ricorre quando non sussistano modalità alternative di costruzione non implicanti aumenti di volumetria o comunque incrementi volumetrici del tutto contenuti. In altri termini, il richiamo al concetto di volume tecnico non può giustificare qualsiasi incremento di volumetria, rispetto a quella originariamente assentita, connesso all’adozione di diverse modalità di realizzazione della copertura dell’immobile rispetto a quella del progetto originario; la realizzazione del cordolo perimetrale sovrastante le murature portanti del fabbricato, con modifiche delle altezze, costituisce modalità di realizzazione diversa da quanto progettato , rispondente ad una delle possibili scelte costruttive e in quanto tale non riconducibile, per quanto detto, alla nozione di volume tecnico.

Insomma, la natura pertinenziale del bene può essere affermata solo se vi è un oggettivo nesso funzionale tra la cosa principale e la cosa accessoria, che non può avere altra destinazione se non quella di un uso pertinenziale durevole. L’opera pertinenziale, inoltre, deve avere dimensioni ridotte rispetto all’opera principale e non deve comportare un carico urbanistico, dovendosi trattare di opere che non diano luogo a un nuovo volume, ma esclusivamente a un modesto volume tecnico.

L’abuso contestato sussiste in considerazione delle caratteristiche presentate, risulta infatti:

  • un “sopralzo ad uso civile abitazione”, della superficie di circa 90 m²,
  • la presenza degli infissi in alluminio all’esterno, che corrispondono alla posa in opera degli infissi all’interno, in vista della creazione di ben cinque vani, divisi da tramezzi, dotati di pavimentazione ed impianti tecnologici.

Il ricorso non è, quindi, accolto.

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Per maggiore approfondimento, leggi anche questi articoli di BibLus-net:

 

 

 

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