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Immobile ante 1967 e prove di destinazione d'uso

Destinazione d’uso immobile ante 1967: come si prova?

La destinazione d’uso di immobili ante 1967 fuori dal centro abitato non si prova con la classificazione catastale. I chiarimenti del CdS

Sappiamo che il titolo edilizio che ha legittimato una costruzione ne prova anche la destinazione d’uso, ma è noto anche che un manufatto edilizio non ha un titolo abilitativo, perché magari antecedente alla “legge Ponte” (765 del 1967) che ne ha reso obbligatoria la richiesta su tutto il territorio comunale. Ed allora, in quest’ultimo caso, se dalla costruzione dell’edificio non è mai stato rilasciato un titolo edilizio, come facciamo a provarne la destinazione d’uso?

La risposta arriva dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 10670/2022.

Ma prima di scoprire i chiarimenti di Palazzo Spada, vorrei suggerirti un software pratico per la scelta dei titoli abilitativi in edilizia che può rendere il tuo lavoro più veloce, sicuro e al riparo da costosi sbagli, facile da tenere in ordine e sempre consultabile agevolmente.

Come si fa a sapere la destinazione d’uso di un immobile?

Il Testo unico dell’edilizia (dpr 380/2001) attraverso l’art. 23-ter, comma 2 ci informa che:

La destinazione d’uso dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9 -bis, comma 1 -bis.

A sua volta l’articolo 9-bis del TUE, al comma 1 bis chiarisce che:

Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali […]

Quindi, nel caso di edifici costruiti fuori dai centri urbani prima della legge 765/1967 la destinazione d’uso può essere provata non solo da informazioni catastali, ma anche da eventuali documenti probatori di varia natura.

Immobile ante 1967 e documenti probatori. Il caso

Una società aveva ristrutturato un immobile per farne un supermercato dopo regolare acquisizione del permesso di costruire e presentazione a fine lavori della segnalazione certificata per l’agibilità, per cui il supermercato veniva aperto al pubblico.

Successivamente, il Comune disponeva l’annullamento in autotutela della segnalazione certificata di agibilità, poiché l’immobile non avrebbe potuto essere adibito ad attività commerciale, in quanto la destinazione d’uso originaria sarebbe stata quella di deposito, essendo catastalmente identificato come C2 e poiché si trattava di immobile realizzato ante ’67, la destinazione d’uso si sarebbe desunta dalla classificazione catastale dello stesso immobile, non esistendo titoli abilitativi per la realizzazione dello stesso.

La questione finiva innanzi al Tar: la società lamentava la mancata presa in considerazione da parte dell’ente della documentazione probante la destinazione d’uso dell’immobile:

  • licenza di commercio al minuto rilasciata dal Sindaco del Comune nel 1949;
  • dichiarazione di abitabilità del Sindaco del Comune (1955);
  • licenza per l’esercizio del commercio di vendita al pubblico di merci rilasciato dal Sindaco del Comune (1967);
  • autorizzazione al commercio al minuto in sede fissa rilasciata dal Sindaco del Comune (1973).

Il Tar respingeva il ricorso, per cui si arrivava in ricorso d’appello presso il CdS.

Il giudizio del Consiglio di Stato sulla validità probante della documentazione presentata

I giudici di Palazzo Spada, in contrasto al giudizio del Tar, affermano che il testo unico dell’edilizia:

non riconosce rilevanza probatoria specificatamente ai “titoli afferenti all’ambito urbanistico-edilizio” al fine di dimostrare la destinazione d’uso dell’immobile bensì fa riferimento genericamente a “documenti probanti” e, in via esemplificativa, agli atti ivi individuati per comprovare la destinazione d’uso in essere.

Essi concludono che tra i documenti probanti devono essere sicuramente annoverati i certificati amministrativi (elencati sopra) che sono documenti pubblici, nel caso attestanti il legittimo esercizio dell’attività commerciale presso l’immobile in questione, essendo tali documenti pubblici in grado di dimostrare la destinazione commerciale dell’immobile.

Il ricorso è, quindi, accolto.

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Per maggiore approfondimento, leggi anche questi articoli di BibLus-net: “Come si prova la destinazione d’uso?

 

 

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