Il progettista che sbaglia a valutare le distanze legali è tenuto alla rinuncia della parcella ed all’eventuale risarcimento dei danni. Lo afferma il Tribunale di Pisa
Torniamo a parlare di distanze legali, ma questa volta lo facciamo affrontando il delicatissimo compito che il progettista ha nel dimensionare e collocare il manufatto edilizio nella posizione giusta all’interno del lotto, dove dovrà sorgere, e soprattutto nel rispetto delle distanze legali tra costruzioni. Sbagliare tale compito potrebbe costare molto caro, secondo quanto apprendiamo dalla sentenza n. 1501/2022 del Tribunale Ordinario di Pisa del 30 novembre scorso.
Ad un tecnico veniva commissionato da parte di una società il progetto di ricostruzione di alcuni manufatti edilizi nell’ambito della redazione di un Piano di recupero dell’intera area di proprietà.
Il Piano, così come predisposto dal professionista, veniva approvato definitivamente dal Comune con il rilascio del Permesso di costruire e relativa data di inizio lavori.
Senonché, in un sopralluogo preliminare all’avvio dei lavori, altri tecnici incaricati dalla committente società constatavano il mancato rispetto delle distanze legali nel progetto, con la conseguenza che i nuovi edifici sarebbero risultati non regolari sia a livello edilizio che urbanistico.
Venivano, quindi, chiesti chiarimenti in merito al progettista che, rassicurando sulla regolarità dell’opera, sollecitava il saldo del pagamento del proprio compenso.
La committente decideva, infine, di rinunciare all’avvio dei lavori con conseguente decadimento del PdC.
Successivamente, la questione finiva in tribunale con la società committente (parte attrice) che:
Il professionista si difendeva, tra l’altro, sostenendo che la richiesta di una variante al progetto (dal costo non esiguo) avrebbe potuto aggirare il problema.
Ti ricordo che costituisce obbligo professionale, ma anche per una maggiore garanzia di trasparenza, la redazione in forma scritta o digitale del preventivo spesa della prestazione (legge n. 124/2017 “Legge annuale per il mercato e la concorrenza“, che ha modificato l’articolo 9, comma 4, del dl 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27). Tutto questo non costituisce più un problema con il software per il Calcolo Parcelle che ti consentirà di preparare preventivi chiari e professionali in linea con il dm 140/2012.
Il Tribunale, riconosciuto che l’iter seguito dal professionista abbia rispettato tempi e procedure, premette che la responsabilità del tecnico progettista non può essere desunta automaticamente dal mero inadempimento alla propria obbligazione, ma deve comunque essere valutata alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale.
In merito, la giurisprudenza ormai costante ritiene che l’architetto, l’ingegnere o il geometra, nell’espletamento dell’attività professionale consistente nell’obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, è tenuto alla prestazione di un progetto concretamente utilizzabile sia da un punto di vista tecnico che giuridico.
A tal fine, il tecnico incaricato della redazione di un progetto edilizio è tenuto ad assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica vigente e ad individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da garantire la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dei lavori richiesti dal committente.
I giudici spiegano che nell’ambito della normale e diligente professionalità:
la violazione delle distanze legali rappresenta un tipico – ed anche grave – inadempimento contrattuale del progettista (e del direttore dei lavori) in quanto non può che essere imputabile, a titolo per l’appunto di responsabilità professionale, a colui che aveva predisposto il progetto inducendo la committente a confidare, stante la particolare competenza tecnica insita nella professione esercitata, che fosse conforme alla normativa urbanistica ed edilizia nonché rispettoso delle distanze legali tra costruzioni.
Il committente ha diritto di pretendere dal professionista un lavoro eseguito a regola d’arte e conforme ai patti, sicché la irrealizzabilità dell’opera per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli costituisce inadempimento dell’incarico e consente al committente di autotutelarsi, rifiutandogli il compenso sollevando eccezioni di inadempimento (art. 1460 cc) ovvero, ove lo stesso compenso si stato già elargito, di chiedere la risoluzione a norma dell’art 1453 cc e le relative restituzioni.
Nel caso in esame occorre, inoltre, evidenziare che la possibilità di realizzare la suddetta variante (anche a costi contenuti) non incide sulla misura di gravità dell’inadempimento realizzatosi, risultando dagli atti che il tecnico incaricato del progetto avrebbe ben potuto (oltre che dovuto) piuttosto che tacere, informare ed elaborare alternative percorribili alla committente che diligentemente ha più volte manifestato dubbi circa la legittimità del progetto, giungendo addirittura a rivolgersi ad uno studio legale per l’elaborazione di un parere chiarificatore.
Sulla base di tali presupposti può, dunque, ritenersi positivamente accertato il grave inadempimento del professionista incaricato, con la conseguenza che la domanda attorea formulata ai sensi dell’art 1453 cc va accolta e il contratto d’opera professionale vigente tra le parti dichiarato risolto.
Per ciò che concerne, invece, la domanda risarcitoria di parte attrice, in merito alla scelta del committente di rinunciare ad avviare il cantiere a causa dei dubbi spesso manifestati al progettista con ripetute richieste di chiarimenti non soddisfatte, i giudici escludono un concorso di colpe e condannano il tecnico anche ad oltre 100.000 euro di risarcimento danni non coperti dalla sua assicurazione professionale.
La domanda attorea è, quindi, accolta.
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