Permesso di costruire: il Comune ha 10 anni per richiedere il ricalcolo degli oneri
Il Consiglio di Stato chiarisce che il Comune ha 10 anni per un eventuale ricalcolo, in caso di errori di quantificazione degli oneri di costruzione di un permesso di costruire
Con la sentenza n.12/2018 del Consiglio di Stato si chiarisce che l’Amministrazione comunale, in caso di errori di quantificazione ed in base alla tariffa vigente al momento del rilascio del permesso di costruire, ha 10 anni per poter procedere al ricalcolo degli oneri.
I fatti in breve
Nel 2007 un Comune siciliano ha ricalcolato e richiesto il pagamento del contributo di costruzione, a distanza di quattro anni dal rilascio delle originarie concessioni edilizie e in misura circa quattro volte superiore a quella iniziale, in base all’art. 16 del dpr 380/2001.
Il Comune con due concessioni edilizie del 2002 ha autorizzato la realizzare di due capannoni con annessi uffici e sale esposizione in una zona commerciale. Per entrambi i capannoni sono state rilasciate peraltro nel 2003 due concessioni in variante, per la realizzazione di un piano cantinato sottostante ai due capannoni assentiti.
Nel 2007, all’esito di una complessa vicenda amministrativa che aveva visto il Comune intraprendere un procedimento di riesame delle due concessioni inizialmente rilasciate e la successiva conferma di dette concessioni, l’ente stesso ha comunicato l’avvio di un procedimento inteso a rideterminare il contributo di costruzione, con particolare riferimento agli oneri di urbanizzazione.
Gli oneri, in fase di ricalcolo sono stati quadruplicati.
I proprietari degli immobili hanno così presentato ricorso al Tar Sicilia lamentando l’illegittimità di tali atti sotto svariati profili, a cominciare dalla loro adozione a notevole distanza di tempo dal rilascio dei titoli edilizi.
Il tribunale amministrativo regionale per la Sicilia ha accolto il terzo motivo dell’originario ricorso, annullando l’atto di rideterminazione degli oneri concessori, per avere il Comune applicato una tariffa ritenuta erronea (quella asseritamente prevista per i centri commerciali).
Il Comune ha proposto appello al consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, la quale però rimanda gli atti all’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, a causa dei diversi orientamenti giurisprudenziali.
Secondo la difesa del Comune:
già la originaria determinazione degli oneri concessori era stata fatta sulla base della tariffa prevista per gli insediamenti commerciali e direzionali, la rideterminazione in autotutela (oggetto dei ricorsi di primo grado) essendo intervenuta al solo fine di rettificare (non già la tariffa applicabile) quanto le sue concrete modalità applicative, avuto riguardo al parametro della superficie lorda e della superficie complessiva dell’insediamento
Il Consiglio di Stato chiarisce che:
- la rideterminazione degli oneri concessori costituisce l’esercizio di una legittima facoltà nell’ambito di un rapporto paritetico tra la pubblica amministrazione e il privato
- […] il soggetto obbligato sia tenuto a corrispondere il contributo di costruzione nel rispetto dei termini convenuti e che l’amministrazione comunale deve eseguire le opere di urbanizzazione in coerenza, anche sul piano temporale, allo sviluppo edilizio del territorio
- al quesito inerente alla natura, privatistica o pubblicistica, degli atti con i quali l’amministrazione comunale determina o ridetermina il contributo di costruzione, di cui all’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001, il CdS risponde con la riaffermazione della loro natura privatistica, sin qui ribadita dalla giurisprudenza
La giurisprudenza del Consiglio di Stato afferma che:
la natura paritetica dell’atto di determinazione consente che la pubblica amministrazione possa apportarvi modifiche, sia in favore del privato che in senso contrario, purché ciò avvenga nei limiti della prescrizione decennale del relativo diritto di credito (v., inter multas, Cons. St., sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6033, Cons. St., sez. IV, 17 settembre 2010, n. 6950).
Il carattere paritetico del rapporto, non esclude quindi la doverosità della rideterminazione quante volte la pubblica amministrazione si accorga che l’iniziale determinazione degli oneri di urbanizzazione sia dipesa da un’inesatta applicazione delle tabelle o anche da un semplice errore di calcolo.
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