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pergotende con mare e ombrelloni

Pergotenda, quando non fa volume

Una struttura leggera che ombreggia e chiude parzialmente e non stabilmente un terrazzo può rientrare in edilizia libera

L’estate è alle porte e chi ha la fortuna di possedere uno spazio aperto ampio, che sia un giardino o una terrazza, cerca di valorizzarlo e renderlo fruibile al meglio con strutture più o meno effimere che possano ombreggiare e fornire un minimo di riparo.

Attenzione però a non cadere nella tentazione, più o meno consapevole, di creare spazi chiusi che potrebbero generare volumetria incidente sul carico urbanistico.

Onde evitare di cadere in errore, è utile accogliere i nuovi chiarimenti sulle pergotende che giungono dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3393/2021.

Il caso

La proprietaria di un immobile residenziale era raggiunta da un’ordinanza di demolizione da parte del Comune, riguardante alcune pergotende installate su terrazzi/balconi del fabbricato.

Secondo l’amministrazione comunale quelle pergotende non erano in regola, poiché erano state posizionate senza richiederne la necessaria autorizzazione.

La proprietaria rispondeva che si trattava di manufatti amovibili, con la tenda come elemento principale, quale mero arredo pertinenziale, senza alcun impatto visivo, e, quindi, rientranti tra le opere di edilizia libera.

Per tali motivi, la proprietaria decideva di fare ricorso a Tar.

La sentenza del Tar

Il Tar respingeva il ricorso, poiché a parere dei giudici, tali pergotende in quanto coperte e tamponate, nonché ancorate al fabbricato con strutture in ferro bloccate a terra, avrebbero creato nuovi ambienti di permanente utilizzo.

Ciò genererebbe, secondo i giudici, un incremento di superficie e volumetria nonché modifica di sagoma e prospetto dell’edificio di particolare pregio.

Il Tar, in particolare, si basa sulla nozione di pergotenda (vedi sentenza CdS n. 840/2021) nella quale sono individuati:

quali “nuove costruzioni” i manufatti leggeri, anche prefabbricati, purché siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, depositi o magazzini, purché siano dotati di una propria autonomia funzionale,

distinguendole dalla diversa fattispecie:

dei gazebo, dei pergolati e delle tettoie “leggere” non tamponate lateralmente su almeno tre lati come tali aventi carattere pertinenziale e meramente accessorio rispetto allo stabile, in quanto non mutano il preesistente utilizzo esterno dei luoghi al fine di valorizzarne la fruizione al servizio dello stabile, ponendo un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall’umidità […]

Nel secondo caso, tali strutture possono rientrare in edilizia libera senza necessità di autorizzazioni.

La stessa sentenza n. 840/2021 del CdS ha ritenuto che in tale elenco dovessero essere incluse anche le  pergotende, ovvero opere precarie sia dal punto di vista costruttivo sia da un punto di vista strettamente funzionale (che escludono la necessità di titolo edilizio, a meno che non determini una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio).

La vicenda giungeva presso il Consiglio di Stato.

La sentenza del Consiglio di Stato

Palazzo Spada premette che dalle fotografie esibite in giudizio, ma anche e soprattutto da quanto si evince dal provvedimento di demolizione impugnato, risulta che nel caso in esame non vi sono state tamponature o alterazioni di sagome e prospetti né è stato creato alcun nuovo ambiente stabile o incremento di superfici o di volume.

Ciò anche considerato che l’unica struttura portante di una delle pergotende, individuata come ancorata stabilmente alla muratura perimetrale dell’unità abitativa, era stata espressamente dichiarata dallo stesso provvedimento come preesistente.

I togati osservano inoltre che “la copertura e la parziale chiusura perimetrale, derivanti dalla realizzazione delle opere in questione, non si rivelano stabili e permanenti, a motivo del carattere retrattile delle tende (come appunto previsto e consentito anche dalle disposizioni del Comune in merito alle pergotende).

In conclusione (a parere del CdS) non essendovi dunque uno spazio chiuso stabilmente configurato, non si è conseguentemente realizzato un nuovo volume o superficie, e tanto meno una copertura o tamponatura di una costruzione, ovvero una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.

Le opere in questione, dunque, non necessitavano di alcuna autorizzazione a costruire, con conseguente illegittimità dei provvedimenti impugnati.

Il ricorso è, quindi, accolto.

 

Per maggiore approfondimento leggi anche questi articoli di BibLus-net

 

Clicca qui per scaricare la sentenza del CdS

 

praticus-ta
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