Pergotenda bioclimatica: occorre il titolo edilizio?
Una tenda retraibile tipica di una pergotenda esclude la realizzazione di nuovo volume. Ecco i nuovi chiarimenti dal Tar Lazio
Che differenza c’è tra una pergotenda coperta dalla classica tenda retraibile e una cosiddetta pergotenda bioclimatica caratterizzata in copertura da lamelle orientabili?
Il Tar Lazio con la sentenza n. 1117/2023 torna sul tema delle pergotende, a noi tanto caro e sempre attuale, con nuove osservazioni e chiarimenti su quelle strutture atte all’ombreggiamento che possono rientrare in edilizia libera poiché non creano nuovo volume.
Pergotenda, questa sconosciuta!
Un privato veniva raggiunto da un’ordinanza di demolizione. La “pietra d’inciampo”? Una tettoia di circa 17 m² realizzata sul terrazzo pertinenziale, in assenza del permesso di costruire, in totale difformità rispetto alla pergotenda assentita dall’autorizzazione paesaggistica.
Il privato contestava l’ordinanza del Comune con ricorso al Tar:
- l’opera installata sul terrazzo della propria abitazione, in sostituzione della preesistente tenda parasole segnalata da una CILA e paesaggisticamente autorizzata, della quale avrebbe ricalcato sostanzialmente le dimensioni, sarebbe stata qualificabile in termini non già di “tettoia” bensì di “pergotenda bioclimatica“, in quanto munita di una copertura composta da sottili lamelle/alette mobili, orientabili e facilmente amovibili;
- la pergotenda in parola non avrebbe, dunque, necessitato di alcuna autorizzazione edilizia, trattandosi di attività di mera manutenzione (art. 6 dpr 380/2001), né paesaggistica, rientrando nel regime di esenzione di cui al dpr 31/2017.
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I chiarimenti del Tar sulla pergotenda: occhio al tipo di copertura, deve essere impacchettabile!
Perché possa parlarsi di pergotenda, anche cd. bioclimatica, è necessario che l’opera in contestazione, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili.
I giudici ribadiscono, quindi, che deve trattasi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, idonea a supportare “tenda”, anche in materiale plastico (cd. “pergotenda”), a condizione che:
- l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno;
- la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all’estensione della stessa;
- gli elementi di copertura e di chiusura (la “tenda”) siano non soltanto facilmente amovibili ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell’edificio “principale”.
In altri termini:
per aversi una “pergotenda” e non già una “tettoia”, è necessario che l’eventuale copertura in materiale plastico sia completamente retrattile, ovvero “impacchettabile”, così da escludere la realizzazione di nuovo volume.
Nel caso in esame la pretesa “pergotenda” in contestazione integra, in realtà, gli estremi di una vera e propria tettoia. Ciò in considerazione non soltanto dell’imponenza complessiva della struttura, avente l’estensione di ben 17 m², ma anche della mancata possibilità di ritrarre completamente le lamelle di cui è composta la relativa copertura, le quali, per ammissione dello stesso ricorrente, consentono soltanto di essere “orientate” ma non “impacchettate”.
In questo caso, quindi, manca la “tenda”, ossia la copertura in tessuto o materiale plastico facilmente amovibile e completamente ritraibile, essendo stata viceversa installata una struttura tutt’altro che “precaria”, le cui caratteristiche costruttive, dimensionali e funzionali hanno determinato una evidente modifica della sagoma e del prospetto della preesistente unità abitativa del ricorrente.
La struttura in questione, per come correttamente ritenuto dall’amministrazione comunale, risulta, dunque, senza titolo abilitativo dal punto di vista non soltanto urbanistico-edilizio – stante il mancato preventivo rilascio di un permesso di costruire o la mancata presentazione di una SCIA – ma anche paesaggistico, in quanto sensibilmente difforme nelle relative dimensioni (17 m²), rispetto a quella autorizzata di 9 m² ai sensi dell’art. 146 dlgs n. 42/2004.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
Per maggiore approfondimento, leggi anche questi articoli di BibLus-net:
- “Pergotenda: l’uso improprio può creare un abuso edilizio?“;
- “Verande, pergotende e schermature di spazi aperti: qual è il confine?“

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