Il Comune non può autorizzare un parcheggio interrato attraverso l’applicazione di una norma per poi contestarla successivamente. I chiarimenti del Tar Toscana
La sentenza n. 223/2023 del Tar Toscana è incentrata sulla realizzazione di un’opera nel solco della scelta della giusta norma a cui deve corrispondere la giusta autorizzazione, ma nella stessa sentenza è evidenziata anche la modalità, a volte un po’ confusa, con cui è avvenuto il dialogo (per l’inquadramento normativo del manufatto conteso) tra istante e pubblica amministrazione, protagonisti del caso di oggi. Chiariamo subito che la creazione di un parcheggio interrato è equiparata a nuova costruzione assentibile tramite permesso di costruire o con titolo edilizio equivalente per la cui scelta t’invito all’utilizzo dello strumento di lavoro più adatto, il software per i titoli abilitativi in edilizia, onde evitare spiacevoli sorprese e conseguenze.
Il proprietario di un immobile decideva di dotare la propria villa di un parcheggio interrato, per cui presentava istanza (1998) al Comune a norma dell’art. 9 della legge n. 122/1989 “legge Tognoli”, ma l’amministrazione rispondeva che l’autorizzazione non sarebbe stata concessa, e la pratica archiviata, in quanto l’intervento doveva essere presentato ai sensi della legge 662/96 art. 2 comma 60 lettera “h” (parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato).
L’istante eseguiva quanto richiesto dall’ente.
Successivamente, a distanza di vent’anni la villa era venduta a causa di un pignoramento, rimanendo nella disponibilità della moglie dell’istante solo quel parcheggio interrato.
Il Comune, quindi, ne ordinava la demolizione, poiché il manufatto costituiva nuova costruzione realizzata senza permesso di costruire.
A parere dello stesso ente:
Ma i nostri protagonisti protestavano con un ricorso al Tar:
I giudici del Tar citano l’art. 9 della legge n. 122/1989, che al comma 1 ha previsto che:
i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico…
Come si vede, l’art. 9 citato prevedeva incentivi procedimentali e sostanziali (autorizzazione gratuita e silenzio assenso; deroga alla disciplina urbanistico-edilizia locale) alla realizzazione di parcheggi a servizio di edifici preesistenti, con l’obiettivo di migliorare la dotazione di posti auto degli edifici costruiti anteriormente alla legge “ponte” e all’introduzione della riserva obbligatoria di spazi a parcheggio nelle nuove costruzioni. Tali parcheggi appartengono dunque alla categoria di quelli “facoltativi”, non essendone obbligatoria la realizzazione, ma non sono “liberi”, essendo soggetti a un regime circolatorio vincolato.
Successivamente, l’art. 2 comma 60 della legge n. 662/1996 ha sostituito l’art. 4 del dl n. 398/1993, che allora disciplinava le procedure per il rilascio della concessione edilizia. Il settimo comma dell’art. 4 così sostituito individuava una serie di interventi sottoposti (non a concessione edilizia, ma) a DIA, e fra questi, appunto alla lettera h), i “parcheggi di pertinenza nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato“.
La disposizione introduceva un regime procedimentale ancora più semplificato rispetto a quanto stabilito dalla legge “Tognoli” (denuncia di inizio di attività da presentarsi venti giorni prima dell’inizio dei lavori e non autorizzazione). Essa, peraltro, sottintendeva la conformità dell’intervento agli strumenti urbanistici vigenti, da attestarsi mediante la relazione asseverata di corredo alla DIA (art. 4 co. 11 dl n. 398/1993), e non prevedeva alcun limite alla disponibilità e/o alla circolazione dei parcheggi così realizzati.
In considerazione di tale ultimo aspetto, la dottrina ha catalogato i parcheggi realizzati ai sensi della legge n. 662/1996 fra i parcheggi “liberi”, quelli di cui cioè il proprietario può disporre senza incontrare limiti all’autonomia negoziale. In assenza di una previsione in tal senso, il vincolo di pertinenzialità – vista la collocazione del parcheggio nel sottosuolo dell’edificio principale – rileva al momento della costruzione del parcheggio, ma non deve permanere anche in seguito e può sempre essere sciolto.
D’altro canto, i parcheggi “Tognoli” sono realizzabili anche in deroga allo strumento urbanistico, il che giustifica per essi il più rigoroso regime dell’autorizzazione e costituisce un altro significativo elemento differenziale rispetto ai parcheggi di cui alla legge del 1996, la quale è astrattamente sovrapponibile alla disciplina di cui all’art. 9 legge n. 122/1989 nel solo e limitato caso dei parcheggi ubicati nel sottosuolo del lotto su cui insiste il fabbricato principale e conformi allo strumento urbanistico (la legge “Tognoli” ha infatti un ambito applicativo maggiore, riferendosi anche ai parcheggi ricavati dai locali siti al piano terreno dei fabbricati ed a quelli posti nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato).
Che la legge n. 662/1996 abbia introdotto un ulteriore genus di parcheggi è confermato dalla successiva evoluzione del quadro normativo.
L’art. 136 del dpr 380/2001 ha abrogato con decorrenza dal 1 gennaio 2002 l’art. 4 del dl n. 398/1993, come modificato dall’art. 2 co. 6 della legge n. 662/1996; e, con la medesima decorrenza, ha assoggettato a DIA (oggi SCIA) e non più ad autorizzazione la realizzazione dei parcheggi di cui all’art. 9 della legge n. 122/1989.
Nelle more dell’entrata in vigore del dpr 380/2001, via via prorogata fino al 30 giugno 2003, l’art. 1 co. 6 della legge n. 443/2001 prevedeva la possibilità di realizzare mediante semplice DIA, in alternativa a concessioni ed autorizzazioni edilizie, gli interventi minori di cui all’art. 4 co. 7 del dl n. 398/1993, ivi inclusi i parcheggi pertinenziali ubicati nel sottosuolo delle abitazioni, che, come già osservato, non coincidono – per difetto – con i parcheggi pertinenziali individuati dalla legge “Tognoli”. A questi ultimi, nello stesso torno di tempo, continuava ad applicarsi il regime dell’autorizzazione gratuita.
La differenza di ambito applicativo, titoli abilitativi, presupposti, condizioni e regime circolatorio dei parcheggi denotano l’autonomia della disciplina dettata dall’art. 2 co. 60 legge n. 662/1996 rispetto a quella stabilita dalla legge n. 122/1989.
Il Tar conclude che in base a quanto detto, non possono non attribuirsi conseguenze sostanziali alla scelta operata dal Comune a suo tempo, che:
a fronte dell’istanza di autorizzazione presentata dal ricorrente ai sensi della legge n. 122/1989, lo ha invitato a procedere mediante la presentazione di una DIA a norma dell’art. 2 co. 60 della legge n. 662/1996, contestualmente archiviando l’istanza. Quella scelta implica un giudizio di rispondenza dell’intervento alla fattispecie disegnata dal legislatore del 1996, non spiegandosi altrimenti il rifiuto da parte del Comune della procedura autorizzatoria sull’art. 9 legge n. 122/1989, che evidentemente è stata ritenuta non pertinente alle necessità del caso.
I giudici aggiungono a conclusione che la mancata richiesta dell’atto di asservimento del garage all’abitazione principale è coerente con la ritenuta estraneità dell’intervento allo speciale regime della legge “Tognoli”, e sino ad oggi non è mai stata revocata in dubbio dal Comune, che tuttavia, con il provvedimento impugnato, pretenderebbe ora di negare l’esistenza del titolo edilizio: conclusione alla quale non può giungersi sulla scorta di una semplice riqualificazione postuma della vicenda (pignoramento e vendita della sola villa), ma che avrebbe richiesto l’esercizio dei poteri di controllo sull’attività realizzata in forza della DIA oramai consolidatasi.
Il ricorso è, quindi, accolto.
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