Annullamento di titoli edilizi a distanza di molti anni, è sempre legittimo?
L’Adunanza plenaria del CdS ha chiarito le motivazioni dell’annullamento d’ufficio della concessione edilizia in sanatoria a distanza di anni dal rilascio del titolo
L’annullamento d’ufficio di una concessione edilizia in sanatoria a distanza di anni è possibile solo per motivi di interesse pubblico adeguatamente motivati.
Lo ha chiarito l’Adunanza plenaria del CdS con la sentenza 8/2017.
Il caso
I proprietari di 3 fabbricati destinati a capannoni e guardiania avevano realizzato, senza titolo edilizio, lavori edili con cambio di destinazione d’uso, trasformandoli in cinema e bar/rosticceria.
Per i lavori realizzati abusivamente i proprietari avevano ottenuto successivamente la concessione edilizia in sanatoria.
Dopo 9 anni il Comune, valutato illegittimo il titolo edilizio rilasciato, lo annullava in autotutela e ne ordinava la demolizione.
I proprietari presentavano ricorso al Tar, che lo respingeva, confermando l’annullamento della concessione in sanatoria.
Proposto ricorso in appello, il Consiglio di Stato in un primo momento confermava la validità del permesso rilasciato in sanatoria anni prima, poi sospendeva il giudizio rimettendo la questione all’Adunanza plenaria a cui chiede di chiarire:
se l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria intervenuto a notevole distanza di tempo dal provvedimento originario debba comunque essere motivato in relazione a un interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione e ai contrapposti interessi dei soggetti incisi
Sentenza 8/2017 dell’Adunanza plenaria
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 8/2017 ha riformulato l’orientamento fino ad oggi prevalente, evidenziando che la lotta all’abusivismo edilizio deve essere bilanciata dalla tutela dei diritti acquisiti.
In pratica ritiene che è necessario il giusto equilibrio tra il ripristino della legalità violata e la conservazione dei diritti acquisiti sulla base della sanatoria edilizia che poi è risultata illegittima, considerando anche il tempo trascorso tra il rilascio della sanatoria e quello dell’annullamento.
Secondo i giudici, quando un Comune rilascia un titolo abilitativo in sanatoria deve condurre degli accertamenti preventivi, verificando che la presenza del manufatto sanato non vìoli l’interesse pubblico e che la documentazione presentata per la richiesta della sanatoria sia completa e veritiera. Non può, in pratica, effettuare una valutazione superficiale e, accorta dell’errore commesso, annullare l’atto senza nessuna giustificazione.
Diverso è, invece, il caso in cui l’Amministrazione abbia emanato l’ordine di demolizione di un’opera mai sanata. In tal caso, anche se l’ordine arriva dopo molti anni dalla realizzazione, è legittimo e non deve essere motivato l’annullamento del titolo edilizio.
Conclusioni Adunanza Plenaria del CdS
In conclusione l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato enuncia il seguente principio:
nella vigenza dell’articolo 21-nonies della l. 241 del 1990 – per come introdotto dalla l. 15 del 2005 – l’annullamento d’ufficio di un titolo edilizio in sanatoria, intervenuto ad una distanza temporale considerevole dal provvedimento annullato, deve essere motivato in relazione alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale all’adozione dell’atto di ritiro anche tenuto conto degli interessi dei privati destinatari del provvedimento sfavorevole.
In tali ipotesi, tuttavia, deve ritenersi:
- che il mero decorso del tempo, di per sé solo, non consumi il potere di adozione dell’annullamento d’ufficio e che, in ogni caso, il termine ‘ragionevole’ per la sua adozione decorra soltanto dal momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro
- che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione risulterà attenuato in ragione della rilevanza e autoevidenza degli interessi pubblici tutelati (al punto che, nelle ipotesi di maggior rilievo, esso potrà essere soddisfatto attraverso il richiamo alle pertinenti circostanze in fatto e il rinvio alle disposizioni di tutela che risultano in concreto violate, che normalmente possano integrare, ove necessario, le ragioni di interesse pubblico che depongano nel senso dell’esercizio del ius poenitendi)
- che la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell’atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, con la conseguenza per cui l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte
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