La Cassazione: l’IRAP non è dovuta in assenza di “struttura organizzativa esterna”
Con la sentenza n. 3678 del 16 febbraio 2007 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dell’assoggettabilità all’ Irap dei lavoratori autonomi.
Con la sentenza n. 3678 del 16 febbraio 2007 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi dell’assoggettabilità all’ Irap dei lavoratori autonomi.
La controversia riguarda un avvocato che svolge la professione presso la propria abitazione, senza avvalersi né di dipendenti o collaboratori, né di beni strumentali di rilevante importanza, salvo quelli indispensabili per lo svolgimento dell’attività (mobili dell’ufficio, la fotocopiatrice, il fax, il computer, il cellulare).
Il professionista ha sempre sostenuto di difettare di autonoma organizzazione, con conseguente diritto al rimborso dell’Irap (anche alla luce dei criteri indicati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 156 del 2001).
Tale tesi, accolta dalla Cassazione, non era stata condivisa dai giudici che avevano sostenuto che essendo l’attività dell’avvocato prestata a favore dei clienti posta in essere con “regolarità, stabilità, sistematicità e ripetitività di atti economici coordinati e finalizzati a uno scopo”, si realizzasse il requisito dell’autonoma organizzazione.
La Cassazione ha ritenuto che l’IRAP sia applicabile nei casi in cui l’attività professionale, protetta o non protetta, si avvalga di una significativa e non trascurabile organizzazione di mezzi o uomini, in grado di ampliarne i risultati profittevoli, atteggiandosi come contesto potenzialmente autonomo rispetto all’apporto personale rivolto a un ruolo di indirizzo, coordinamento e controllo.
La Suprema Corte afferma che, affinchè il professionista possa essere assoggettato ad IRAP, devono sussitere entrambe le seguenti condizioni:
La controversia riguarda un avvocato che svolge la professione presso la propria abitazione, senza avvalersi né di dipendenti o collaboratori, né di beni strumentali di rilevante importanza, salvo quelli indispensabili per lo svolgimento dell’attività (mobili dell’ufficio, la fotocopiatrice, il fax, il computer, il cellulare).
Il professionista ha sempre sostenuto di difettare di autonoma organizzazione, con conseguente diritto al rimborso dell’Irap (anche alla luce dei criteri indicati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 156 del 2001).
Tale tesi, accolta dalla Cassazione, non era stata condivisa dai giudici che avevano sostenuto che essendo l’attività dell’avvocato prestata a favore dei clienti posta in essere con “regolarità, stabilità, sistematicità e ripetitività di atti economici coordinati e finalizzati a uno scopo”, si realizzasse il requisito dell’autonoma organizzazione.
La Cassazione ha ritenuto che l’IRAP sia applicabile nei casi in cui l’attività professionale, protetta o non protetta, si avvalga di una significativa e non trascurabile organizzazione di mezzi o uomini, in grado di ampliarne i risultati profittevoli, atteggiandosi come contesto potenzialmente autonomo rispetto all’apporto personale rivolto a un ruolo di indirizzo, coordinamento e controllo.
La Suprema Corte afferma che, affinchè il professionista possa essere assoggettato ad IRAP, devono sussitere entrambe le seguenti condizioni:
- Il professionista deve essere il responsabile dell’organizzazione e, quindi, non deve lavorare in strutture altrui e riferibili ad altrui responsabilità;
- l’impiego dei beni strumentali deve eccedere il minimo indispensabile per l’esercizio della professione, oppure ci si deve avvalere in modo non occasionale di lavoro altrui.
Spetta al contribuente che chiede il rimborso del tributo dimostrare che le suddette condizioni non ricorrono dinanzi alla Commissione Tributaria, la cui sentenza, se “congruamente motivata”, è insindacabile dalla Cassazione.
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Sentenza n. 3678 del 16 febbraio 2007 | 66 Kb | ![]() |

Indirizzo articolo: https://biblus.acca.it/la-cassazione-l-irap-non-e-dovuta-in-assenza-di-struttura-organizzativa-esterna/
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