Condono edilizio: senza integrazione documentale no all’istanza!
Tempo di lettura stimato: 3 minuti
Il Comune può rigettare l’istanza di condono edilizio se entro 3 mesi non viene integrata la pratica con ulteriore documentazione richiesta. I chiarimenti del CdS
La disponibilità di scambio e di collaborazione ed una comunicazione chiara e fluida tra pubblica amministrazione e privato cittadino istante dovrebbero essere alla base di ogni interazione tra le parti per la richiesta di un permesso propedeutico all’avvio ed alla realizzazione di un qualunque progetto. Ma spesso le nostre amministrazioni sono oberate di lavoro, pratiche e richieste non facilitate di certo da tutto il nostro apparato burocratico. Ecco perché, a scanso di intoppi, respingimenti o sorprese indesiderate, è buona regola presentare un’istanza completa e ben corredata di tutte le informazioni del caso spesso frutto della collaborazione di più tecnici specializzati in settori diversi. A tal riguardo, per gestire le pratiche dell’ufficio tecnico ed in particolare quelle di un possibile condono edilizio 2023, potrebbe tornarti utile un software di gestione delle pratiche edilizie online da usare gratuitamente fin da subito.
La sentenza n. 5768/2023 del Consiglio di Stato espone, appunto, un caso di incomprensione e non ottimale comunicazione tra istante e pubblica amministrazione in materia di condono edilizio.
Presentare istanza di condono non equivale ad un sì automatico da parte dell’ente ricevente: attenzione alle richieste d’integrazione documentale!
Una società presentava al Comune istanza di condono edilizio (legge n. 724/94 cd. secondo condono) per alcuni manufatti abusivi da adibire ad attività di commercio. All’istanza venivano allegate: la documentazione fotografica, le distinte di versamento (oblazione), la copia accatastamento e l’iscrizione alla camera di commercio.
Successivamente, il Comune avanzava una richiesta di integrazione documentale, chiedendo la trasmissione nel termine di 60 giorni di ulteriore documentazione necessaria alla descrizione delle opere. La richiesta veniva, così, ottemperata dalla società.
In un secondo momento, l’amministrazione rilevava ancora una volta l’incompletezza della documentazione, per cui questa volta avanzava nuova richiesta di integrazione assegnando un termine di 3 mesi. Ma questa volta la società rimaneva inerte, per cui il Comune poco dopo rispingeva l’istanza di condono edilizio.
Il diniego veniva impugnato dalla società presso il Tar, per difetto di motivazione del diniego basato sul mero riscontro di un’inesistente carenza documentale (poiché già presentata), ma i giudici respingevano il ricorso per omessa integrazione, per cui la questione approdava in appello presso il CdS.
CdS: l’integrazione documentale richiesta dal Comune per il perfezionamento dell’istanza di condono edilizio deve avvenire entro tre mesi dalla richiesta
I giudici di Palazzo Spada sottolineano che nell’art. 39, comma 4, della L. n. 724/1994 si evince, tra l’altro, che:
la mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione
Essi spiegano che non rileva, inoltre, la circostanza (invocata dal ricorrente) che la modifica del comma 4 dell’art. 39, introduttiva del termine trimestrale violato dall’appellante, sia intervenuta successivamente alla presentazione dell’istanza di condono, poiché l’art. 49, comma 7, ultimo periodo, della legge n. 449/1997 prevede che:
le disposizioni di cui al penultimo periodo del comma 4 dell’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, come modificato […], relative alla mancata presentazione dei documenti, si applicano anche alle domande di condono edilizio presentate ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per cui non sia maturato il silenzio assenso a causa di carenza di documentazione obbligatoria per legge.
Oltretutto, il CdS, circa la specifica questione, si è già espresso in passato evidenziando come l’art. 2, comma 37, lettera d), della L. n. 662/1996, ha aggiunto al comma 4 dell’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, dopo il penultimo periodo, specificando che:
[…] La mancata presentazione dei documenti previsti per legge entro il termine di tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal comune comporta l’improcedibilità della domanda e il conseguente diniego della concessione o autorizzazione in sanatoria per carenza di documentazione
ciò determina l’applicazione della surriferita norma ai condoni chiesti ai sensi della legge n. 47 del 1985 (c.d. primo condono edilizio) e non ancora definiti.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
Per maggiore approfondimento, leggi anche questi articoli di BibLus-net:
- “Condono in area paesaggistica: incide il tipo di vincolo?“
- “Manufatti in edilizia libera in area vincolata: occorre l’autorizzazione paesaggistica?“
- “Relazione tra agibilità e condono edilizio, chiarimenti del CdS“
- “Sanatoria edilizia: cos’è, tempi e procedure“

Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!