Interventi di demolizione edilizia, è necessario il permesso di costruire?
Tar Lazio: gli interventi di demolizione edilizia di opere prive di qualsiasi valore storico e/o artistico e versanti in condizioni fatiscenti non richiedono il permesso di costruire
Per demolire opere prive di valore storico o artistico e versanti in condizioni fatiscenti non è necessario il permesso di costruire. Questo il principio espresso dai giudici amministrativi laziali (sentenza n. 3416 del 27/3/2018) in tema di interventi di demolizione edilizia.
Va subito chiarito che dall’affermazione del principio espresso dal Tar Lazio non emerge che la demolizione edilizia sia da intendersi libera ed indiscriminata. Anzi.
In edilizia esiste da anni il principio di residualità, principio in base al quale si assoggettano alcuni interventi edilizi ad una procedura qualora essi non siano riconducibili in altre.
In virtù di tale principio, se gli interventi di demolizione edilizia non ricadono in permesso di costruire e non ricadono nella Scia non essendo interventi di edilizia libera, per residualità ricadono quanto meno nella comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA).
Il caso
Una società laziale ricorre al Tar Lazio verso una determina dirigenziale dell’ente territoriale comunale romano con cui le venivano contestate, tra l’altro, la demolizione di un manufatto edilizio e l’ampliamento di alcuni locali interni in assenza di permesso di costruire.
La società impugna tale provvedimento deducendo che gli interventi realizzati non erano qualificabili come interventi di ‘ristrutturazione edilizia’ (come sostenuto dall’amministrazione comunale) quanto piuttosto di opere precarie, interventi di lieve entità e per di più doverosi stante le condizioni dei manufatti. Per l’ampliamento, trattandosi di opere interne, la società ritiene che esse siano al più riconducibili nell’ambito di quelli realizzabili mediante Scia, non soggette, tra l’altro, al previo rilascio di alcuna autorizzazione paesaggistica.
La società deposita due relazioni tecniche in cui evidenzia come per “le demolizione esterne (servizi bagni e locale deposito pesa) e gli ampliamenti senza aumento di superficie e/o volumetrie, compensando le superfici e volumetrie demolite con quelle ampliate” sia in corso di predisposizione e presentazione una CILA a sanatoria, con ulteriore precisazione che, trattandosi di area vincolata, risulta, peraltro, doverosa la previa acquisizione del nullaosta a sanatoria della Regione Lazio.
La sentenza
Il Tar Lazio accoglie il ricorso della società.
I giudici amministrativi laziali escludono che interventi di demolizione edilizia “(di opere già esistenti ovvero, interventi di demolizione a cui non faccia seguito alcuna ricostruzione), versanti, tra l’altro, in condizioni ormai “fatiscenti” nonché prive di un qualsiasi valore sotto ulteriori profili (quale – ad esempio – quello storico e/o artistico), come nell’ipotesi in trattazione, possano essere annoverati tra gli interventi imponenti il previo rilascio del permesso di costruire e, ancora, tra quelli soggetti al previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorità competente, attesa la piena idoneità di essi a garantire proprio la salvaguardia dello stato dei luoghi, così come oggetto di tutela da parte del legislatore“.
In merito agli ampliamenti interni essi escludono che si tratti di interventi soggetti al regime giuridico dell’art. 33 dpr n. 380/2001 (Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità).
Clicca qui per scaricare la sentenza del Tar Lazio n. 3416 del 27 marzo 2018
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