Integrazione istanza di sanatoria edilizia: basta una raccomandata dal Comune?
Per la richiesta di integrazione dell’istanza di sanatoria edilizia, il Comune è tenuto ad accertarsi che l’istante abbia ricevuto la comunicazione. Lo afferma il Tar Lazio
Il Comune che si limiti ad inviare, anche a via raccomandata, una richiesta d’integrazione per regolarizzare (ad esempio) un’istanza di sanatoria incompleta, può dormire sogni tranquilli? A quanto pare no, se non si sia accertato che il destinatario l’abbia ricevuta!
Questo l’avviso del Tar Lazio che, attraverso la sentenza n. 10385/2023, pare anche volerci ricordare indirettamente il pericolo di istanze imprecise e non debitamente mirate o formalizzate in tema di scelta appropriata dei titoli edilizi. Ma oggi puoi stare tranquillo, perché è a tua disposizione un valido strumento di lavoro: il software per i titoli abilitativi in edilizia che può rendere il tuo operato più veloce nell’individuazione del titolo abilitativo più adeguato tra i molteplici moduli edilizi, facili da tenere in ordine e consultare agevolmente, il tutto attraverso procedure guidate.
Richiesta integrazione istanza di sanatoria edilizia: quando una raccomandata non salva capra e cavoli… Il caso
Un Comune rigettava un’istanza volta ad ottenere un permesso di costruire in sanatoria (art. 36 del dpr 380/2001) in relazione all’ampliamento di un’abitazione privata.
Il proprietario istante apprendeva contestualmente alla comunicazione di rifiuto, che il motivo di diniego era dato dalla carenza dei dati del fabbricato da sanare a corredo della documentazione presentata.
A questo punto, il protagonista della vicenda protestava in quanto, sostanzialmente, sosteneva che il Responsabile del Procedimento non aveva provveduto a richiedere preventivamente, prima della conclusione negativa del procedimento di rilascio del permesso in sanatoria, i documenti necessari ai fini del rilascio del permesso stesso.
Ma l’amministrazione rispondeva che il provvedimento di diniego era stato preceduto da una comunicazione di preavviso di rigetto (art. 10-bis della legge n. 241/1990), trasmessa con lettera raccomandata attraverso la quale si era inteso informare l’istante delle carenze della domanda.
L’interessato dal canto suo replicava di non aver ricevuto nessuna raccomandata, per cui decideva di far ricorso al Tar.
Non basta una raccomandata per informare l’istante, ma occorre avere una prova della ricezione della comunicazione
I giudici evidenziano che l’amministrazione territoriale non ha fornito alcuna prova documentale né della spedizione di tale raccomandata né della sua ricezione.
In proposito, essi richiamano il giudizio della Corte di Cassazione, a rigore del quale:
[…] la presunzione di conoscibilità di un atto giuridico recettizio richiede la prova, anche presuntiva, ma avente i requisiti di cui all’art. 2729 c.c. (gravità, univocità e concordanza), che esso sia giunto all’indirizzo del destinatario. Ne consegue che, in caso di contestazione da parte di costui dell’arrivo della dichiarazione, la prova della spedizione non è in sé sufficiente a fondare la presunzione di conoscenza, salvo il caso in cui per la modalità utilizzata dal dichiarante per la trasmissione dell’atto – raccomandata, anche senza avviso di ricevimento, o telegramma – i particolari doveri di consegna dell’agente postale ne fanno presumere l’arrivo nel luogo di destinazione […]. D’altro canto se invece la presunzione di conoscenza fosse configurabile anche nel caso che il mittente abbia provato il mero invio dell’atto per posta semplice […] diverrebbe particolarmente gravoso l’onere del destinatario di dimostrare di esser stato impossibilitato, incolpevolmente, ad averne cognizione (Corte di Cassazione Civile, Sezione III, 25/09/2014, n. 20167).
In sintesi, in caso di invio di un atto recettizio tramite posta raccomandata, la presunzione di conoscenza dell’atto da parte del destinatario (art. 1335 Cod. Civ.) può dirsi raggiunta anche soltanto con l’avviso di spedizione della lettera, tenuto conto dei particolari doveri di consegna dell’agente postale che ne fanno presumere l’arrivo nel luogo di destinazione.
Nel caso di specie, non risulta in atti alcun avviso di spedizione postale riferibile alla lettera raccomandata.
Non avendo quindi il Comune dimostrato di aver previamente informato il ricorrente dei motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire in sanatoria, e in particolare delle carenze documentali, ne consegue che i motivi ostativi al rilascio del PdC in sanatoria non risultano notificati al ricorrente.
Risulta di tutta evidenza, infatti, che se il ricorrente fosse stato tempestivamente informato delle lacune documentali allegate all’istanza, egli avrebbe potuto rimediarvi.
Il ricorso è, quindi, accolto.
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