Il Building Information Modeling (BIM): lavoro collaborativo e nuovi rischi professionali
Privacy, Proprietà industriale, titolarità dei dati: nuovi rischi professionali nel lavoro collaborativo introdotto dal BIM
In un precedente articolo pubblicato su queste pagine dal titolo “BIM e lavoro collaborativo: tipologie di contratto e nuovo codice Appalti”, avevamo incentrato l’attenzione sugli aspetti collaborativi propri della metodica BIM e su come essi richiedessero un ripensamento delle consuete forme contrattuali degli appalti pubblici.
Come noto la direttiva 2014/24/CE, pubblicata il 28 marzo 2014 sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea, aveva introdotto per gli Stati membri la possibilità di richiedere l’uso di strumenti elettronici specifici per gli appalti di lavori pubblici e i concorsi di progettazione, quali gli strumenti di simulazione elettronica per le informazioni edilizie o strumenti analoghi.
Il dlgs 18 aprile 2016 n.50 di recepimento di tale direttiva (il cosiddetto “nuovo Codice Appalti“) cogliendo tale opportunità, interveniva conseguentemente per modificare ed integrare tutte le abituali modalità di affidamento dei lavori pubblici, dalle procedure di scelta del contraente, alla selezione delle offerte, ai bandi, agli avvisi ed agli inviti, alla presentazione delle offerte, ecc.
Nel citato articolo abbiamo analizzato varie forme di aggiudicazione degli appalti al fine di individuare quelle che meglio potessero massimizzare i vantaggi derivanti dall’adozione del BIM. In altri termini si sono valutate le più diffuse forme contrattuali per definire quelle che consentissero meglio il dispiegarsi delle peculiarità proprie di questa metodica.
Tali peculiarità che costituiscono elementi di reale innovazione e, pertanto, propulsivi verso più efficienti modalità operative, disegnando nuovi scenari lavorativi introducono nuovi rischi e responsabilità e, conseguentemente, nuove esigenze di regolamentazione.
Il lavoro collaborativo come scenario del BIM
Il “cuore” del BIM, potremmo affermare, risiede anzitutto nella sottolineatura degli aspetti collaborativi tra le varie figure coinvolte nel processo costruttivo. Aspetti collaborativi che si incentrano sulla trasparenza degli scambi di informazioni e sulla gestione del loro flusso lungo la filiera produttiva.
Concettualmente, quindi, disponibilità delle informazioni per tutti gli attori e gestione del flusso delle stesse.
Sul piano operativo, il perseguimento di tali obiettivi ha portato all’individuazione della modellazione parametrica tridimensionale come la strada più adeguata da intraprendere.
La creazione di modelli costituiti da entità parametriche tridimensionali (rappresentative dei reali elementi costruttivi) realizzati mediante software specifici (detti Authoring BIM), ha fornito il veicolo adeguato per lo scambio delle informazioni: modelli che potremmo genericamente definire come una sorta di “database visuali”.
L’accesso a tali modelli da parte di tutti gli operatori della filiera come unica fonte di informazioni affidabili costituisce uno degli aspetti qualificanti del BIM ma, al contempo, ripropone una serie di problematiche note e altrove già affrontate.
Difatti le questioni legate alla proprietà industriale o alla garanzia del rispetto della privacy si ripropongono con forza, andando ad impattare proprio sul “cuore” del processo informativo che, come detto prima, è quello della collaborazione e condivisione delle informazioni.
Il BIM, la privacy e la proprietà industriale
È del tutto evidente come sin dalla fase di raccolta dei requisiti progettuali, i modelli BIM siano destinatari anche di informazioni sensibili della committenza e, pertanto siano oggetto della specifica normativa che ne regolamenta le concrete modalità di gestione.
Si rammenta, al riguardo, e a titolo puramente esemplificativo, come siano da considerarsi investiti dal dlgs 196/2003 e relativa normativa correlata, i dati personali, come quelli identificativi (dati anagrafici, immagini, ecc), quelli cosiddetti sensibili (cioè quelli che possono rivelare convinzioni etiche, religiose, politiche, sessuali, o l’origine etnica, ecc.), o ancora quelli giudiziari.
Ma è anche doveroso rilevare come anche altri tipi di informazioni veicolate dai modelli BIM rappresentino dati assolutamente riservati: ad esempio la disposizione dell’impianto antintrusione o di quello elettrico, antincendio, del gas oppure la presenza e/o il posizionamento di casseforti o anche la semplice distribuzione in pianta degli ambienti, così come la distanza e posizione degli impianti comunali e dei relativi cunicoli.
Oltre l’aspetto legato alla tutela della privacy, dicevamo precedentemente, vanno riconsiderati gli aspetti legati alla proprietà industriale e al diritto d’autore.
Il diritto ad essere riconosciuto come il creatore di un’opera o l’inventore di una soluzione tecnica o il promotore di un marchio in grado di individuare professionalità e competenze, o il diritto di sfruttare economicamente gli esiti della propria attività, rappresentano ambiti da affrontare e ridefinire nuovamente.
Più in generale, quindi, appare necessario ridefinire la “proprietà” di ciascuna informazione, nel senso dell’individuazione di chi ne abbia i diritti di accesso, di modifica e, conseguentemente, le relative responsabilità civili e penali.
Solo marginalmente si fa notare come gli aspetti risarcitori legati all’attività professionale e, dunque, connessi ai relativi contratti assicurativi, vengano investiti da questa nuova modalità di lavoro e certamente ne richiedano una loro rivisitazione.
I requisiti del Common Data Environment
Quanto sin qui sinteticamente descritto sposta, allora, il “focus” della riflessione su chi siano i proprietari di ciascun modello BIM (architettonico, strutturale, ecc.) e, più in generale, sulla gestione del flusso informativo (chi può visionare le informazioni, chi è chiamato a validarle, chi li può modificarle, ecc.).
L’ambiente dei dati comuni (il britannico Common Data Environment), quindi, è chiamato ad assumere una rilevanza e una “dignità” nella filiera del processo molto differente rispetto a quella di un semplice “repository” di informazioni (modelli), per trasformarsi in un ambiente informatico (altrove definito anche come ”ecosistema digitale”) dove gli accessi e le modalità di gestione acquistano una rilevanza che travalica il pur importante servizio del garantire unicità e adeguatezza delle informazioni.
Vale la pena sottolineare, infine, come l’evoluzione prevista e auspicata della tecnologia BIM, oggi incentrata sul modello informativo federato verso quello integrato, ridurrà ulteriormente la distinguibilità di autori e proprietari delle informazioni e, conseguentemente, l’individuazione delle responsabilità.
Anche per questi motivi appare di assoluta rilevanza il lavoro attualmente in corso di svolgimento presso i tavoli UNI, relativo alle individuazioni delle competenze delle nuove figure professionali richieste dalla metodologia BIM, quali il BIM manager, BIM coordinator e BIM specialist.
Clicca qui per conoscere Edificius, il software BIM di ACCA

Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Fornisci il tuo contributo!