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Fotovoltaico e autorizzazione paesaggistica

Fotovoltaico e autorizzazione paesaggistica: innovazione non vuol dire disturbo

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Il diniego di un’autorizzazione paesaggistica non può limitarsi a qualificare il fotovoltaico quale elemento d’innovazione negativo per la salvaguardia del paesaggio. Lo afferma il Tar Campania

È un dato di fatto, al di fuori di una visione più superficiale e preconcetta, che anche la tecnologia possa contribuire, entro limiti ragionevoli, a trasformare in positivo l’ambiente ed il paesaggio in cui viviamo al passo con i tempi, del resto “panta rei“, tutto scorre, esclamava il filosofo greco Eraclito, professando l’eterno divenire e mutamento come essenza e sostanza delle cose. Non è ammissibile, quindi, porre un divieto dotato di paraocchi sulla banale e semplice motivazione di impedire l’introduzione di un elemento di novità nel paesaggio perché fattore di disturbo a prescindere, soprattutto se quell’elemento di novità costituisce una tecnologia a vantaggio della salvaguardia di quello stesso ambiente o paesaggio che si vorrebbe proteggere con quel cieco divieto.

Il Tar Campania con una recente sentenza, la n. 3104/2022, interviene toccando l’importante tematica della presunta contrapposizione tra innovazione e progresso e la conservazione dei valori storici e tradizionali del paesaggio.

È giusto condannare il fotovoltaico come elemento di disturbo del paesaggio a prescindere? il caso

La Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio si esprimeva negativamente in merito all’autorizzazione paesaggistica semplificata richiesta in corrispondenza di una CILAS (CILA Superbonus 110%), ai fini dell’installazione di un impianto fotovoltaico sulla copertura, previa sostituzione del manto di tegole, di una abitazione civile e rurale.

L’ente di tutela sosteneva che l’intervento avrebbe comportato una grave alterazione dei caratteri peculiari, formali, tipologici e tradizionali del fabbricato, a discapito dei valori architettonici propri del borgo antico circostante, localizzato in area paesaggisticamente vincolata.

La proprietaria dell’immobile a sua difesa affermava invece, tra le altre cose, che l’intervento in questione non avrebbe necessitato del previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica:

  • poiché riconducibile alla categoria A.6 “installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, laddove posti su coperture piane e in modo da non essere visibili dagli spazi pubblici esterni; installazione di pannelli solari (termici o fotovoltaici) a servizio di singoli edifici, purché integrati nella configurazione delle coperture, o posti in aderenza ai tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda degli edifici, ai sensi dell’art. 7 bis del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, non ricadenti fra quelli di cui all’art. 136, comma 1, lettere b e c, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42” dell’Allegato A al dpr n. 31/2017;
  • ai sensi dell’art. 7 bis, comma 5, del d.lgs. n. 28/2011, il quale esclude dall’autorizzazione paesaggistica l’installazione di pannelli solari in corrispondenza di immobili contemplati dall’art. 136, comma 1, lett. b e c, del dlgs n. 42/2004, solo se dichiarati di notevole interesse pubblico e a meno che, nel caso di cui alla lett. c “complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici“, non “integrati nelle coperture non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale“;
  • l’autorità tutoria statale, in difetto di istruttoria e di motivazione, non avrebbe adeguatamente vagliato il contenuto riduttivo della soluzione progettuale proposta in sede di riformulazione dell’originaria richiesta di autorizzazione paesaggistica ugualmente respinta né avrebbe compiutamente individuato, se non in forma dubitativa, gli ipotetici fattori di irrimediabile distonia rispetto al panorama naturale ed architettonico circostante.

La questione sfociava in un ricorso al Tar.

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  • l’autorizzazione paesaggistica ordinaria ai sensi dell’art. 146 del dlgs 42/04 per le regioni Lazio, Friuli, Lombardia, Piemonte ed Umbria;
  • l’autorizzazione paesaggistica semplificata per gli interventi ricadenti nell’allegato B di cui al dpr 31/2017.

La sentenza del Tar sui presupposti di incompatibilità della novità tecnologica inserita nel paesaggio

I giudici, ribadita la pertinenza delle osservazioni di parte ricorrente, chiariscono che secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, la mera visibilità di pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici non configura di per sé una ipotesi di incompatibilità paesaggistica, in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici, pur innovando la tipologia e morfologia della copertura, non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un’evoluzione dello stile costruttivo accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva, purché non sia modificato l’assetto esteriore complessivo dell’area circostante, paesisticamente vincolata;

in questo senso è stato statuito che:

  • il favore legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede, infatti, di concentrare l’impedimento assoluto all’installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesaggistico unicamente nelle “aree non idonee” espressamente individuate dalla Regione, mentre, negli altri casi, la compatibilità dell’impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto della circostanza che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio;
  • in simili fattispecie, vengono in rilievo pariordinati e concorrenti, ancorché potenzialmente antagonistici, interessi pubblici, entrambi di matrice ambientale, e cioè, da un lato, la tutela del paesaggio e, d’altro lato, la promozione delle fonti energetiche rinnovabili, finalizzate al contenimento ed alla riduzione dei fenomeni di inquinamento, che richiedono un rigoroso ed analitico bilanciamento, onde stabilire a quale di essi occorra annettere prevalenza nel caso concreto;

ciò posto, come statuito da Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1201/2016:

le motivazioni dell’eventuale diniego (seppur parziale) di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile devono essere particolarmente stringenti, non potendo a tal fine ritenersi sufficiente che l’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica;

Ogni nuova opera d’altronde ha una qualche incidenza sul paesaggio (che è costituito, secondo una delle definizioni più appropriate, dalla interazione tra le opere dell’uomo e la natura), di tal che il giudizio di compatibilità paesaggistica non può limitarsi a rilevare l’oggettività del novum sul paesaggio preesistente, posto che in tal modo ogni nuova opera, in quanto corpo estraneo rispetto al preesistente quadro paesaggistico, sarebbe di per sé non autorizzabile.

Il Tar, a conclusione del giudizio, evidenzia e ribadisce che la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici, in particolare, consentendo l’esercizio di un’agricoltura sostenibile e la conservazione dell’ecosistema, entrambe precondizioni alla conservazione del paesaggio rurale.

Il ricorso è, quindi, accolto.

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