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Parete doccia da esterno e permesso di costruire

Doccia da esterno: che titolo edilizio occorre?

Cassazione: la creazione di una parete doccia da esterno modifica l’ambiente circostante e l’aspetto esteriore dell’immobile per cui occorre il permesso di costruire

Possedere un giardino o un’area esterna alla propria abitazione rappresenta un bel vantaggio per godere dell’aria aperta, e, magari, installarvi una bella doccia da esterno potrebbe essere la soluzione contro la canicola estiva di questi giorni! Ma anche in questo caso facciamo attenzione che il calore non ottenebri il buon senso e la prudenza. Eh sì, perché come per la piscina prefabbricata, anche in una doccia aperta creata ad hoc potrebbe nascondersi un abuso edilizio. È utile ricordare, quindi, che la scelta del giusto titolo edilizio per la realizzazione di un manufatto a volte potrebbe risultare incerta e confusa nella gestione e archiviazione delle attività lavorative. È per questo che desidero consigliarti il software per i titoli abilitativi in edilizia pratico e semplice nell’utilizzo che ti fornisce il giusto supporto per la scelta e la compilazione dei diversi moduli edilizi sempre aggiornati e la consultazione rapida dei dati.

Ma diamo spazio alla Corte di Cassazione con la sentenza penale n. 21192/2023.

La creazione di una parete doccia da esterno costituisce realizzazione e/o integrazione dei servizi igienico-sanitari?

Un privato realizzava nell’area esterna pavimentata della propria abitazione una parete di 2,10 x 2,50 m ex novo con inserimento di doccia, ed in più alzava di oltre 40 cm il solaio di un bagno esterno.

Successivamente, il proprietario delle opere descritte, realizzate in parte senza alcuna autorizzazione e che oltretutto ricadevano in zona con vincolo paesaggistico, veniva imputato dal tribunale, poiché:

  • la realizzazione della parete doccia comportante modifica dell’originaria tipologia del luogo, pur non determinando nuove superfici o nuovi volumi, rientrava nella nozione di nuova costruzione di cui all’art. 10 del dpr 380/2001 in quanto incidente sul tessuto urbanistico per la quale occorre il permesso costruire, ai sensi dell’articolo 3 comma 1, lettera e) dello stesso TUE, che assoggetta attualmente a permesso di costruire non soltanto le attività di edificazione, ma anche altre attività che pur non integrando interventi edilizi in senso stretto comunque comportano una modificazione permanente dello stato materiale e di conformazione del suolo;
  • non era possibile qualificare come pertinenza la realizzazione di un solaio di copertura (denunciata con SCIA) del vano bagno più alto rispetto alle esistente e comportante aumento di volumetria;

e come se non bastasse, dette opere realizzate su area sottoposta a vincolo, in assenza di autorizzazione, integravano anche il reato paesaggistico.

Il dibattimento della questione continuava presso la Corte d’Appello che confermava sostanzialmente il giudizio del tribunale.

Il privato decideva, allora, di ricorrere presso la Cassazione con le seguenti motivazioni:

  • la realizzazione della parete doccia esterna su superficie già pavimentata e senza sviluppo di superficie utile né volumetria sarebbe stata da qualificare come una manutenzione straordinaria leggera secondo l’art. 3 lett. b) del dpr 380/2001, trattandosi di attività di realizzazione e/o integrazione dei servizi igienico-sanitari, assoggettata ai sensi degli artt. 6, 6 bis e 23 del TUE a semplice CILA o al più a SCIA;
  • errata qualificazione giuridica del solaio del bagno non necessitante del permesso di costruire trattandosi di modificazione di pertinenza urbanistica. L’intervento di innalzamento del solaio sarebbe stato da annoverare tra gli interventi di manutenzione straordinaria o di difformità rispetto alla SCIA presentata.

Il giudizio della Corte di Cassazione sulla creazione della parete doccia e permesso di costruire

Gli ermellini fanno una premessa sulla necessità di considerare l’intervento edilizio in generale come prassi di valutazione, e ribadiscono che:

il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell’attività edificatoria finale, nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più blando, per la loro più modesta incisività sull’assetto territoriale. L’opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti

Detto questo la Corte Suprema conclude che entrambi i lavori dovevano essere assentiti con un permesso di costruire, in quanto:

  • esclude che la costruzione ex novo del muro con inserimento di doccia possa essere ritenuta manutenzione leggera che include ai sensi dell’art. 3 lett. b) “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici” assoggettati ai sensi degli artt. 6, 6 bis e 22 del TUE a semplice CILA;
  • sottolinea che la ricostruzione del solaio con innalzamento dello stesso, con inevitabile aumento di volumetria, rientra (come correttamente rilevato dalla corte territoriale) nella nozione di nuova costruzione soggetta a permesso a costruire ai sensi dell’art. 3 lett. e) del dpr 380/2001, per cui non era sufficiente la SCIA che consentiva la sola demolizione e ricostruzione del solaio come in origine.

Per giunta i lavori erano stati eseguiti in area sottoposta a vincolo paesaggistico senza autorizzazione paesaggistica, trattandosi di interventi, quelli complessivamente realizzati, che richiedevano la predetta autorizzazione ai sensi dell’art. 146 del dlgs n. 42/2004.

Il ricorso non è, quindi, accolto.

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