Distanze tra costruzioni e vedute: i tre metri prescritti dall’art. 907 c.c. sono inderogabili
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I tre metri inderogabili tra le costruzioni e le vedute devono intendersi sia in orizzontale che in verticale. Lo chiarisce la Cassazione
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 12202/2022 chiarisce le circostanze e le modalità di applicazione dell’art. 907 del Codice civile sulle distanze legali tra nuove costruzioni e vedute.
Il caso: creazione di un balcone e rispetto della distanza con la sottostante finestra-veduta
Il proprietario di un lastrico solare decideva di realizzare una sopraelevazione con relativa realizzazione di balcone aggettante munito di sporti.
Il vicino, proprietario dell’abitazione sottostante al lastrico solare, lamentava il mancato rispetto delle distanze legali rispetto alla finestra-veduta sottostante al balcone.
La questione finiva in giudizio: prima presso il Tribunale e poi presso la Corte d’Appello. In particolare quest’ultima, a parere del vicino ricorrente:
- non aveva riconosciuto l’indennità di sopraelevazione prevista dall’art. 1127 c.c., sul presupposto che l’appellante, cui incombeva il relativo onere, non aveva fornito la prova della comproprietà della colonna d’aria soprastante il lastrico solare;
- aveva omesso l’applicazione dell’art. 907 c.c. in relazione al rispetto delle distanze legali delle costruzioni dalle vedute, non essendosi tenuto conto che ove la costruzione (nella cui nozione si sarebbe dovuto ricomprendere anche il balcone) risulti edificata a distanza inferiore a quella di tre metri prescritta dalla richiamata norma, la domanda di riduzione in pristino avrebbe dovuto essere accolta a prescindere da ogni valutazione in concreto se la costruzione stessa fosse o meno idonea ad impedire o ad ostacolare l’esercizio della veduta.
Il vicino decideva, quindi, di ricorrere in appello presso la Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione: riconosciuto il carattere assoluto ed inderogabile della distanza tra nuova costruzione e veduta del vicino
Gli ermellini sottolineano che la sopraelevazione in questione presenta un carattere di stabilità e permanenza, di conseguenza precisano che la disposizione dell’art. 907, terzo comma, c.c., secondo cui le nuove costruzioni in appoggio al muro devono rispettare la distanza di tre metri dalla soglia delle vedute preesistenti, deve essere intesa nel senso che tale distanza opera, anche in senso verticale, nei riguardi delle costruzioni sottostanti non solo le finestre ma anche i balconi con riguardo al loro piano di calpestio. Ed infatti, ai fini della disposizione anzidetta, il termine “costruzione” non va inteso in senso restrittivo di manufatto in calce o in mattoni o in conglomerato cementizio, ma in quello di qualsiasi opera che, qualunque ne sia la forma e destinazione, ostacoli l’esercizio di una veduta.
E’ altrettanto pacifico che:
la distanza di tre metri dalle vedute prescritta dall’art. 907 c.c. per le nuove costruzioni, al pari di ogni altra distanza prescritta dalla legge per disciplinare i rapporti di vicinato, ha carattere assoluto, essendo stata predeterminata dal legislatore in via generale ed astratta, senza che al giudice sia consentito alcun margine di discrezionalità sia nella valutazione della esistenza della violazione della distanza, sia nella valutazione relativa alla dannosità e pericolosità della posizione della nuova costruzione rispetto alla veduta del vicino.
L’indennità di sopraelevazione ai condòmini
I giudici, infine, premettono che costituisce sopraelevazione, disciplinata dall’art. 1127 c.c., non solo la realizzazione di nuove opere, consistenti in nuovi piani o nuove fabbriche, bensì anche la trasformazione di locali preesistenti mediante l’incremento di volumi e superfici nell’area sovrastante il fabbricato da parte del proprietario dell’ultimo piano.
Detto ciò, in tema di condominio, la proprietà della colonna d’aria (cioè lo spazio sovrastante il lastrico solare) non costituendo oggetto di diritti e quindi di proprietà autonoma rispetto a quella del lastrico solare, va intesa come il diritto del proprietario di utilizzare lo spazio sovrastante mediante la sopraelevazione; ciò, peraltro, non comporta per il proprietario che intenda sopraelevare l’esonero dall’obbligo di corrispondere agli altri condomini l’indennità prevista dall’art. 1127 c.c. , salvo che non vi sia , circostanza rimasta esclusa nel caso di specie, accettazione dei medesimi e, perciò, conseguente rinunzia all’indennità da parte di tutti i proprietari dei piani sottostanti.
Il ricorso è, quindi, accolto.
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- “Un sopraluce incide sulle distanze delle costruzioni dalle vedute?“

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