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distanza fabbricati

Le regole sulla distanza tra fabbricati si applicano in caso di demolizioni e ricostruzioni?

Distanza tra fabbricati: il CdS ribadisce che la distanza di 10 metri va rispettata solo in caso di edifici costruiti per la prima volta. Non si applica a demolizione e ricostruzione

Il Consiglio di Stato è chiamato di nuovo ad esprimersi su un contenzioso tra vicini, relativo alla presunta violazione delle distanze minime legali tra fabbricati.

Il proprietario di un immobile chiedeva ed otteneva dal Comune il rilascio di un permesso di costruire, che prevedeva la demolizione e la ricostruzione di un vecchio fabbricato con cambio di destinazione d’uso da deposito a residenza, avente pareti finestrate a distanza di soli 3 metri dalla palazzina antistante.

Il vicino presentava ricorso al Tar della Puglia, contestando la violazione della distanza tra fabbricati.

Il Tribunale amministrativo, in parziale accoglimento del ricorso proposto, annullava il permesso di costruire, ritenendo che fossero stati violati i limiti relativi alle distanze tra edifici. Nello specifico, essendo il nuovo immobile completamente diverso per tipologia e destinazione d’uso da quello preesistente (capannone adibito a deposito), doveva considerarsi “nuova costruzione” ad ogni effetto.

Per il giudice di primo grado bisognava, quindi, applicare l’art. 9 del dm 1444/1968,  che fissa i seguenti limiti di distanza tra i fabbricati:

  • zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale
  • nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti
  • zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml 12. Le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) – debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:
    • ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7
    • ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15
    • ml. 10,000 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15
  • qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

Ricordiamo che in tema di rispetto delle distanze legali tra fabbricati, in caso di demolizione e ricostruzione, se il nuovo edificio viene qualificato come nuova costruzione, non è più possibile far valere il diritto di prevenzione, caratterizzante la costruzione originaria.

Il proprietario dell’immobile presentava, dunque, appello contro la sentenza del Tar della Puglia.

Sentenza Consiglio di Stato n. 4337/2017

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4337/2017, si esprime sul ricorso presentato dal proprietario dell’immobile.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, la disposizione contenuta nell’art. 9 del dm n. 1444 del 1968, che prescrive la distanza di 10 metri sussistente tra edifici antistanti, ha carattere inderogabile, ma riguarda i nuovi edifici, intendendosi per tali i fabbricati (o parti e/o sopraelevazioni di essi) “costruiti per la prima volta” e non già preesistenti.

Appare, dunque, evidente come in tal caso la previsione del limite inderogabile di 10 metri non può riguardare fabbricati che costituiscono il prodotto della demolizione di immobili preesistenti con successiva ricostruzione, con il rispetto del volume e della sagoma originaria.

In merito alla sentenza di primo grado occorre precisare che il concetto di “nuova costruzione”, utilizzato ai sensi del dpr n. 380/2001 per verificare la compatibilità dell’intervento con le disposizioni urbanistiche sopravvenute, non esplica effetti ai fini dell’applicabilità dell’art. 9 DM n. 1444/1968.

Per l’applicazione del limite inderogabile della distanza di 10 m, non è la formale definizione dell’intervento (per il Tar doveva considerarsi “nuova costruzione” e quindi soggetto ai limiti previsti dal Dm 1444, in quanto completamente diverso, per tipologia e destinazione d’uso), ma il dato concreto della preesistenza di un immobile a distanza inferiore da quella prevista da detta norma.

Il caso in esame appare coerente anche con gli articoli 873 ed 879 cc:

  • l’art. 873 dispone che “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di 3 metri”, salvo diverse disposizioni dei regolamenti locali (e, nel caso di specie, la distanza è appunto di m. 3)
  • l’accertata utilizzazione pubblica della strada rende applicabile quanto previsto dall’art. 879, in base al quale “alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le legge i regolamenti che le riguardano, e, dunque, quanto previsto dall’art. 32 bis delle NTA del Comune, che consente la realizzazione di nuovi edifici a filo strada nel caso di prevalente allineamento

Per tutte le ragioni innanzi esposte, il Consiglio di Stato accoglie l’appello presentato dal proprietario dell’immobile.

 

Clicca qui per scaricare la sentenza n. 4337/2017

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