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Codice appalti e dibattito pubblico, critiche al dpcm dal CdS

Il CdS critico verso le regole per lo svolgimento del “dibattito pubblico” definite dal governo: soglie di importo troppo alte per l’applicazione ne limitano operatività e efficacia come strumento di riduzione dei contenziosi

Indiscutibilmente una delle novità di maggior rilievo del codice appalti è rappresentata dall’aver previsto regole per lo svolgimento del dibattito pubblico sugli interventi che hanno impatto sul territorio; peccato però che la portata innovativa di questo istituto sia vanificata dal Dpcm con il quale il governo l’ha disciplinato.

E’ questo in sintesi il parere espresso dal Consiglio di Stato sullo schema di dpcm sul dibattito pubblico, pubblicato lo scorso 12 febbraio in attuazione dell’articolo 22, comma 2 del codice dei contratti.

Dibattito pubblico: le principali criticità rilevate

Oltre ad essere estremamente chiaro nella individuazione delle ‘criticità’, il parere suggerisce le correzioni che contribuiscono a rendere il testo coerente con le finalità per le quali il codice lo ha previsto.

La prima criticità, che è anche la prima correzione suggerita, riguarda la scarsa applicabilità dell’istituto del ‘débat public‘ determinata da soglie di importi giudicate troppo elevate.

Lo schema adottato da Palazzo Chigi (su proposta dei ministeri coinvolti) impone il dibattito pubblico per infrastrutture a rete da almeno 500 milioni di euro e per infrastrutture puntuali da almeno 300 milioni di euro (anche se prevista la possibilità di svolgere il dibattito su opere per una soglia di importo ridotto di un terzo rispetto a questi importi).

Il massimo organo di consulenza giuridico-amministrativa del governo ha dichiarato che tali soglie economichesono di importo così elevato da finire per rendere, nella pratica, minimale il ricorso a tale istituto, che rappresenta invece una delle novità di maggior rilievo del nuovo Codice dei contratti e che, se bene utilizzato, potrebbe costituire anche un valido strumento deflattivo del contenzioso“.

Suggerisce quindi “di intervenire modificando il livello delle soglie dimensionali indicate, per le diverse tipologie di opere, nell’Allegato 1 allo schema di decreto previa analisi spettrale dell’andamento delle rilevazioni statistiche a curva statistica degli importi di gara“.

La seconda criticità rilevata dai giudici di palazzo Spada riguarda la necessità di potenziare l’attività di monitoraggio della Commissione nazionale per il dibattito pubblico.

I giudici ritengono che “per l’effettivo successo del nuovo istituto del dibattito pubblico, un ruolo determinante è svolto dalla ‘Commissione nazionale per il dibattito pubblico’, istituita dal primo Correttivo al Codice dei contratti pubblici” e, “proprio in considerazione dell’importante ruolo alla stessa assegnato” rilevano la “necessità di potenziare l’attività di monitoraggio successivo ad essa demandato dalla legge, prevista dall’articolo 4, comma 6, lettera e), dello schema di decreto ma in modo poco incisivo“.

Dibattito pubblico: gli altri rilievi

I pareri del Consiglio di Stato hanno riguardato anche altri aspetti, sempre finalizzati a rendere il testo coerente con le finalità della norma istitutiva, sia sotto il profilo formale, sia sotto quello sostanziale.

Da qui il suggerimento di:

  • includere nel perimetro di applicazione non solo i beni del patrimonio culturale e naturale tutelati dall’Unesco ma anche i «beni culturali e del paesaggio tutelati dal d.lgs 22 gennaio 2004, n. 42» (articolo 3)
  • prevedere un numero di componenti dispari all’interno della commissione nazionale per il dibattito pubblico, «per evitare situazioni di stallo nei casi in cui una decisione debba essere presa a maggioranza» (articolo 4)
  • indicare un termine entro cui il coordinatore del dibattito pubblico (figura che, viene suggerito, debba essere soggetto esterno all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ma sempre appartenente allo Stato-apparato), deve concludere i lavori (articolo 6), e anche un termine entro il quale avviare il dibattito pubblico sull’opera (articolo 8)

Si può ritenere, come da più parti affermato, che il CdS abbia demolito lo schema di decreto del governo, anche se la Commissione del CdS da un giudizio di massima positivo all’istituto e agli obiettivi del decreto.

L’istituto del débat public in Francia

L’istituto del dibattito pubblico, con cui impareremo a confrontarci tra breve, trova un esempio già operativo in Francia.

La loi Barnier del 1995, modificata nel 2002, aveva introdotto per la prima volta il débat pubblic in Francia, per cercare di ridurre le dure contestazioni relative alle grandi opere.

Nel débat public francese lo scopo essenziale cui si mira è quello di faire le tour des arguments, mettendo pertanto sul tappeto tutte le possibili argomentazioni relative all’opera di cui si tratta.

Per la verità va detto che i principali strumenti di inclusione delle istanze dei privati nei processi decisionali di pianificazione e costruzione di infrastrutture risultano essere almeno due:

  • l’enquête publique, disciplinata sin dal XIX secolo,
  • il débat public, previsto invece da circa vent’anni.

I due istituti non sono tra loro alternativi, ma si integrano a vicenda, essendo cronologicamente successivo il débat all’enquête ed avendo modalità e campi di applicazione distinti.

A séguito della loi Barnier fu istituita un’autorità indipendente denominata Commission Nationale du Débat Public (Cndp), autorità indipendente ora disciplinata nel Code de l’Environment, con il compito di aprire il dibattito pubblico, che dura quattro mesi e concerne non solo le caratteristiche del progetto, ma anche l’opportunità di realizzare l’opera, su tutti i progetti preliminari di grandi infrastrutture che posseggono determinati requisiti.
Quanto al concreto svolgimento del dibattito pubblico, la Cndp ne affida l’attuazione ad una commissione ad hoc, la ‘Commission particulière du débat public’ (Cpdp), composta da soggetti interni ed esterni alla Commission Nationale.

Una volta istituita la Cpdp, il committente dispone di un periodo di massimo sei mesi per la preparazione di un dossier, accessibile al pubblico, contenente la documentazione relativa al progetto.

Per tal via il dibattito pubblico risulta esser preceduto da un’ampia campagna informativa, caratterizzata da informazioni cui partecipano tutti i cittadini, le associazioni e i gruppi che lo desiderano.

Si apre poi una fase di contraddittorio, di solito attraverso incontri pubblici, ove viene prevista anche la possibilità per i cittadini partecipanti di scrivere le proprie osservazioni su appositi cahiers des acteurs.

Nulla dice la legge francese circa le modalità di svolgimento del dibattito, vi è infatti grande libertà delle forme, purché non manchi il rispetto dei principi di eguaglianza dei partecipanti, trasparenza, e confronto argomentato.

Al termine del dibattito pubblico il presidente della Commissione redige un rapporto in cui illustra gli argomenti emersi nel corso dei quattro mesi.

Entro tre mesi dalla pubblicazione del rapporto, il proponente dell’opera deve comunicare se intende mandare avanti il suo progetto, modificarlo o ritirarlo.

La decisione è libera, ma deve essere motivata dettagliatamente: è quindi importante che nelle ragioni esposte sia fatto riferimento ai punti di vista e alle argomentazioni avanzate al pubblico

Il dibattito pubblico in Italia

In Italia la disciplina dell’istituto del dibattito pubblico è prevista dal Codice dei contratti: per la sua attuazione è necessaria l’emanazione di un decreto del presidente del consiglio dei ministri finalizzato all’individuazione della tipologia delle opere da sottoporre a dibattito e della definizione delle modalità concrete per il suo svolgimento.

Soglie dimensionali
Nello schema di decreto si legge che il dibattito pubblico è obbligatorio per opere di una certa consistenza, tra i 200 e 500 milioni di euro a seconda della tipologia di intervento, risulta esser obbligatorio anche su richiesta delle amministrazioni centrali (Presidenza del Consiglio e Ministeri), degli enti locali (un consiglio regionale, una provincia, una città metropolitana, un numero di consigli comunali rappresentativi di almeno 100.000 abitanti) o dei cittadini (almeno 50.000 elettori), infine il proponente è sempre libero di aprire un dibattito pubblico quando lo ritenga necessario.

Durata
La durata, di 4 mesi prorogabili di ulteriori due mesi nel caso di comprovata necessità, ricomprende un lasso di tempo congruo, non troppo breve, per svolgere tutte le opportune audizioni, né troppo lungo, con il rischio dilatare troppo i tempi e di spostare l’attenzione dei cittadini dal caso specifico.

Il dibattito pubblico è preceduto, inoltre, da una fase dedicata alla progettazione del processo decisionale della durata massima di 3 mesi.

Modalità di svolgimento
Il dibattito pubblico, organizzato e gestito in relazione alle caratteristiche dell’intervento e alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento, consiste in incontri di informazione, approfondimento, discussione e gestione dei conflitti, in particolare nei territori direttamente interessati dall’opera e nella raccolta di proposte e posizioni da parte di cittadini, associazioni, istituzioni.

Coordinatore
Figura indipendente che svolge il proprio compito in autonomia e coordina le proprie attività con il proponente dell’opera e il Comitato di monitoraggio (formato dagli enti locali su cui insiste l’opera).

Il responsabile viene selezionato dal proponente dell’opera attraverso procedure di evidenza pubblica ed invita alla gara i soggetti idonei ricompresi nell’elenco dei fornitori elaborato dalla Commissione nazionale per il dibattito pubblico, che risultano essere soggetti di comprovata esperienza e competenza nella gestione di processi partecipativi, ovvero di gestione ed esecuzione di attività di progettazione e pianificazione in materia infrastrutturale, urbanistica e territoriale.

L’iter
Il proponente, terminato il dibattito pubblico, dispone di tre mesi per presentare un proprio dossier conclusivo in cui vengano evidenziati gli elementi emersi nel dibattito, l’intenzione o meno di realizzare l’intervento, le eventuali modifiche apportate al progetto e le ragioni che, in alcuni casi, hanno condotto a non accogliere talune proposte di modifica del progetto.

A garanzia di terzietà, il proponente non è lasciato solo durante il dibattito ma è assistito da un comitato di monitoraggio, composto da rappresentanti designati dagli enti locali direttamente coinvolti dall’intervento, che ha il compito di contribuire alla definizione delle modalità di svolgimento del dibattito pubblico, di collaborare alla realizzazione e alla supervisione del dibattito, di concorrere alla soluzione dei problemi e delle criticità che eventualmente si manifestino durante il dibattito e di partecipare alla discussione e alla valutazione delle proposte emerse nel corso del dibattito pubblico.

La conclusione e gli effetti del dibattito pubblico
Quanto alla conclusione e agli effetti del dibattito pubblico, si può individuare nella fase di predisposizione del progetto definitivo il momento in cui gli esiti del confronto e le osservazioni ricevute verranno raccolte, mentre nella conferenza di servizi quello in cui si svilupperà il confronto sulle risultanze dell’istruttoria derivanti dalla partecipazione degli interessati.

In quest’ultima sede, di conseguenza, una volta esaminate le conclusioni cui si è pervenuti a seguito dello svolgimento del dibattito, si potrà comunque procedere anche in contrasto con i risultati raggiunti, purché la decisione si riveli opportunamente motivata.

Commissione Nazionale per il dibattito pubblico
La vera innovazione rispetto alla originaria formulazione del d.lgs. n. 50 del 2016 riguarda l’introduzione della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, istituita presso il Ministero delle infrastrutture e formata da 13 componenti, con il compito di monitorare il corretto svolgimento dei dibattiti pubblici, esprimere raccomandazioni e elaborare linee guida, gestire un proprio sito internet con tutta la documentazione relativa ai vari dibattiti, presentare alle Camere, ogni 2 anni, una relazione sull’andamento dei dibattiti e proporre correttivi.

La Commissione istituita, lontana da assumere il ruolo previsto nel débat francese, si limita ad un compito di mero coordinamento e monitoraggio.

 

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