Demolizione e ammenda pecuniaria: quando è lecita la doppia sanzione?
Per il CdS l’ordine di demolizione e la sanzione pecuniaria non possono essere applicate cumulativamente ai fini della repressione di un abuso
Con la sentenza n. 1860/2021 il Consiglio di Stato fornisce utili chiarimenti su come la legge regionale vada interpretata sempre alla luce di quella nazionale in caso di sanzioni per abusi edilizi (su edifici non vincolati).
Il caso
Un privato effettuava alcuni lavori di ristrutturazione edilizia su immobile non vincolato ricadente in zona A (centro storico), senza richiedere il necessario titolo abilitativo.
Tra le opere effettuate risultava la chiusura di un balcone nel cortile interno condominiale, tramite la realizzazione di una veranda in alluminio e vetri.
Il Comune, quindi, ne ordinava la demolizione e contemporaneamente ingiungeva al privato il pagamento di una sanzione pecuniaria.
L’Ente aveva ritenuto di applicare la legge regionale che prevedeva che in presenza di opere abusive eseguite su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone omogenee A, il competente dirigente è tenuto ad ingiungere, sia la demolizione e il rispristino dello stato dei luoghi, sia l’irrogazione di una sanzione pecuniaria.
Il privato lamentava, quindi, la cattiva interpretazione della legge regionale e che le due sanzioni non fossero da applicare in via cumulativa, e per tale motivo decideva di fare ricorso al Tar.
Quest’ultimo accoglieva il ricorso in quanto, secondo i giudici, ai sensi dell’art. 33 (Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità), comma 4, dpr 380/2001, la sanzione pecuniaria e la demolizione (nel caso in esame) hanno carattere alternativo, e non cumulativo.
Quindi la norma regionale andava letta ed interpretata anche alla luce della corrispondente previsione della legge statale e in maniera coerente con la relativa prescrizione.
Di conseguenza, il Comune si appellava al Consiglio di Stato.
La sentenza del Consiglio di Stato
Palazzo Spada, in accordo con la sentenza del Tar, premette che, invero, il comma 3 dell’art. 33 del dpr 380/2021 prevede che:
Qualora le opere siano state eseguite su immobili vincolati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, l’amministrazione competente a vigilare sull’osservanza del vincolo, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, ordina la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile dell’abuso, indicando criteri e modalità diretti a ricostituire l’originario organismo edilizio, ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 euro a 5164 euro.
Al comma 4, dello stesso articolo è previsto invece che:
Qualora le opere siano state eseguite su immobili, anche se non vincolati, compresi nelle zone omogenee A, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’amministrazione competente alla tutela dei beni culturali ed ambientali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di cui al precedente comma. Qualora il parere non venga reso entro novanta giorni dalla richiesta il dirigente o il responsabile provvede autonomamente.
I giudici osservano che il caso in discussione rientra chiaramente nell’ambito del comma 4 dell’art. 33 del Testo unico dell’edilizia, e infatti anche la legge regionale fa riferimento all’applicazione del comma 4.
Secondo i giudici, quindi, le due locuzioni riferite ad “ingiunge” ed “irroga” relative rispettivamente alla demolizione ed alla sanzione pecuniaria, riprese anche dalla legge regionale, non andavano intese in senso cumulativo ma come decisioni alternative.
Per i togati ne consegue dunque che non vi è alcuna differenza o contraddizione tra legislazione statale e quella regionale del caso in esame.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
Per maggiore approfondimento leggi anche questo articolo di BibLus-net: “Veranda abusiva: il caso della doppia sanzione”
Clicca qui per scaricare la sentenza del CdS

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