Condono o sanatoria: in area vincolata non esiste silenzio-assenso
CdS: in area sottoposta a vincoli non sono sanabili né condonabili volumi non autorizzati né il silenzio del Comune è da interpretarsi come assenso
La popolazione umana aumenta sempre più, siamo già oltre 8 miliardi di anime su questa fragile navicella chiamata Terra che vaga nello spazio siderale da milioni di anni. Così anche gli spazi vitali e le relative risorse in alcune zone del pianeta cominciano sensibilmente a ridursi e come se non bastasse, ci si mette anche un clima che a volte sembra essere impazzito, chi dice per opera dell’uomo, chi per naturale evoluzione dell’ecosistema terrestre o per entrambe le cause.
Ma una cosa è certa, in questo scenario non troppo rassicurante la cura e la conservazione dell’ambiente e del territorio non può che essere una delle priorità più urgenti dell’uomo moderno.
Oggi torniamo quindi sul tema della tutela del territorio e del paesaggio con la recente sentenza n. 10495/2022 del Consiglio di Stato, anche sulla spinta degli ultimi avvenimenti di cronaca che ci hanno resi drammaticamente partecipi di un disastro naturale con il suo pesante tributo in lutti.
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Tettoie chiuse abusivamente in area vincolata, richiesta di condono e silenzio del Comune. Assenso o rifiuto? Il caso
Una società decideva di intervenire con alcune opere di modifica su un complesso edilizio produttivo di proprietà, ricadente nell’area vincolata di un parco, senza richiederne i permessi al Comune.
Gli interventi realizzati a detta della proprietaria per miglior godimento del bene, consistevano nella creazione:
- di un’abitazione unifamiliare e di un locale ad uso ufficio attraverso la chiusura di una tettoia chiusa;
- di una tettoia aperta per il deposito di materiali in ampliamento di un altro immobile facente parte del complesso produttivo;
- di un servizio igienico in muratura nel cortile.
Successivamente, venivano presentate tre separate istanze di condono, ma il il Comune le rigettava per insanabilità delle opere a causa del vincolo esistente sull’area che risultava modificata dalle opere stesse.
La società controbatteva nel seguente modo:
- le opere per le quali è stata chiesta la sanatoria non avrebbero comportato alcun incremento sostanziale di volumetria e di superficie lorda di pavimento, poiché si limitavano a trasformare una tettoia chiusa in uno spazio ufficio ed in uno spazio per bilocale residenziale, rimanendo entro la sagoma complessiva dell’edificio, ed in altra parte si limitavano a trasformare parzialmente altra tettoia in un servizio igienico;
- il mancato parere di compatibilità paesaggistica dell’autorità preposta al vincolo aveva fatto maturare sulle domande di condono il silenzio-assenso alla scadenza del termine di 24 mesi dalla loro presentazione, secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 37, del dl 30 settembre 2003, n. 269 (cd. terzo condono).
Dopo un rigetto del Tar, la società presentava appello presso il Consiglio di Stato.
La sentenza del CdS: il silenzio in area vincolata è da intendersi come un rifiuto piuttosto che come assenso
I giudici di Palazzo Spada in merito sono molto chiari:
Il richiamo al vincolo paesaggistico insistente sull’area su cui sono stati realizzati gli abusi edilizi e alle caratteristiche di questi ultimi costituisce in primo luogo motivazione sufficiente a fondare i dinieghi di condono impugnati, anche rispetto alle deduzioni difensive presentate in sede di contraddittorio procedimentale.
Infatti, il terzo condono edilizio di cui all’art. 32, del più volte citato dl 30 settembre 2003, n. 269, al comma 27, lett. d) prevede in linea generale un divieto di sanatoria delle opere realizzate su “immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi (…) dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali”.
Tale regola generale conosce eccezione solo nell’ipotesi in cui si tratti di vincoli di carattere relativo (art. 32, comma 1, legge 28 febbraio 1985, n. 47), e gli interventi, quando siano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, rientrino nelle ipotesi di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al medesimo dl 30 settembre 2003, n. 269.
E il silenzio dell’amministrazione all’istanza di condono o di sanatoria, come si deve interpretare?
Per i giudici deve inoltre essere escluso che si sia formato il parere favorevole di compatibilità paesaggistica in via tacita.
Infatti, secondo il consolidato orientamento di giurisprudenza il CdS esclude la sanatoria in via tacita degli abusi edilizi in area vincolata. Ciò avuto riguardo al fatto che l’art. 32, comma 1, legge 28 febbraio 1985, n. 47, richiamato dall’art. 32, comma 27, del dl 30 settembre 2003, n. 269, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso.
Infine, va ugualmente sottolineato che per abusi commessi su immobili soggetti a vincoli nessuna disposizione di legge correla all’inerzia dell’autorità competente la formazione tacita di un parere. Al contrario, il medesimo art. 32, comma 1, qualifica al secondo periodo l’inerzia dell’autorità preposta al vincolo come ipotesi di “silenzio-rifiuto”, impugnabile dall’interessato, il quale non può dunque dolersi del mancato sollecito dell’amministrazione comunale affinché il parere fosse reso.
Il ricorso non è, quindi, accolto.
Per maggiore approfondimento, leggi anche questi articoli di BibLus-net:
- “Costruzione abusiva in zona vincolata: l’ordine di demolizione è inappellabile!“
- “Abuso edilizio in zona vincolata, è possibile la multa in alternativa alla demolizione?“
- “Vincolo idrogeologico: no al condono senza l’apposita autorizzazione“

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