Condono edilizio: cosa s’intende per ultimazione dei lavori?
CdS: ai fini del condono edilizio di un fabbricato in costruzione, per ultimazione dei lavori bisogna intendere l’opera completa di copertura e tamponature esterne
Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6797/2021 ci spiega il concetto di “ultimazione dei lavori” nel caso di istanza di condono edilizio di un fabbricato in costruzione.
Il caso
Il proprietario di un fabbricato in costruzione presentava domanda di condono edilizio (dl n. 269/2003 convertito dalla legge n. 326/2003 – terzo condono) relativo alla sopraelevazione di un secondo piano.
L’istanza veniva respinta dall’Ente poiché per l’amministrazione il manufatto non poteva ritenersi ultimato alla data del 31 marzo 2003 secondo le disposizioni di legge.
La questione sfociava in un ricorso al Tar (che dava ragione al Comune).
Il privato tuttavia sosteneva che in sede di giudizio non era stato considerato che il manufatto in questione, alla scadenza del termine di cui alla legge n. 326/2003 (31 marzo 2003), era già fornito di quelle strutture essenziali che ne definivano la volumetria e la sagoma esterna:
era cioè era completo delle tompagnature esterne, sicché il manufatto sarebbe rientrato a pieno titolo nel concetto di “opera abusiva ultimata” di cui all’art. 31 della legge n. 47/1985.
La questione giungeva presso il Consiglio di Stato.
La sentenza del Consiglio di Stato
I giudici di Palazzo Spada respingono il ricorso, poiché secondo i verbali redatti in fase di sopralluogo dalle autorità competenti, alla data del 31 marzo 2003 la struttura in questione non solo era priva di tompagnature, ma risultava incompleta anche nel getto in c.a. dei pilastri e della copertura.
Il CdS trae occasione per chiarire, secondo costante orientamento giurisprudenziale, che:
ai fini del condono edilizio il concetto di “ultimazione dei lavori” va riferito all’esecuzione del cd. rustico, che presuppone, per quanto d’interesse, l’intervenuto completamento delle tamponature (tompagnature) esterne, che determinano l’isolamento dell’immobile dalle intemperie e configurano l’opera nella sua fondamentale volumetria: ciò, a condizione che non si tratti di opere interne di un edificio già esistente, per le quali vale, invece, il criterio del cd. completamento funzionale.
Da quanto detto si deduce che, ai fini del condono, è indispensabile che entro il termine massimo stabilito dalla legge l’organismo edilizio abbia assunto una forma stabile ed un’adeguata consistenza plano-volumetrica; è quindi richiesta l’ultimazione al rustico, cioè dell’intelaiatura, della copertura e dei muri di tompagno.
Il concetto di rustico per il CdS
I giudici in ultimo chiariscono che per edificio al rustico si intende un’opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tompagnature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili.
Ne consegue che un’opera priva anche soltanto in parte delle tompagnature non è condonabile.
Né si può confondere l’esecuzione del cd. rustico con lo scheletro della struttura (accertato nel caso di specie dai sopralluoghi), dovendo il cd. rustico intendersi come comprensivo della muratura priva di rifiniture e della copertura e non potendo le pareti esterne considerarsi quali mere rifiniture.
Il ricorso NON è, quindi, accolto.
Clicca qui per scaricare la sentenza del CdS

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