Destinazione d'uso immobile: quali i documenti che la provano?

Come si prova la destinazione d’uso?

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Tar Campania: è l’ultimo titolo edilizio rilasciato sull’immobile a provarne la destinazione d’uso, non il certificato di agibilità o l’uso concreto del manufatto

Quali sono i documenti che provano la destinazione d’uso di un immobile? Il titolo abilitativo, oppure il certificato di agibilità, o ancora l’uso concreto?

A queste domande risponde il Tar Campania con la sentenza n. 513/2022.

Il caso di un cambio di destinazione d’uso da attività produttiva a residenziale di un immobile allo stato di rustico

Un privato chiedeva un permesso di costruire per un intervento di completamento e cambio di destinazione d’uso di un fabbricato da attività produttiva a residenziale in base ad una legge regionale che prevedeva: “nelle aree urbanizzate […], per edifici […] destinati prevalentemente ad uffici e residenze o alloggi di servizio […], in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, è consentito il mutamento di destinazione d’uso a fini abitativi con una previsione a edilizia convenzionata in misura non inferiore al venti per cento del volume dell’edificio“. Da premettere che l’edificio, per la parte già realizzata, era stato già oggetto di rilascio di un precedente permesso di costruire poi decaduto.

Il Comune opponeva un diniego al rilascio del nuovo titolo edilizio richiesto. Il motivo?

Mancava l’attestazione della destinazione produttiva originaria, oggetto della richiesta trasformazione in senso residenziale, poiché l’immobile:

  • si presentava allo stato rustico,
  • non risultava rilasciata la certificazione di agibilità né comprovata l’ultimazione dei lavori.

Il privato, a sua volta, contestava il diniego dell’amministrazione con le seguenti motivazioni:

  • l’edificio era stato ultimato, risultando mancante solo delle finiture, tanto da risultare accatastato e dotato di certificato di collaudo, depositato presso il Genio civile;
  • la legge regionale prevedeva per “volumetria esistente” anche quella ultimata, ma non ancora dotata di certificato di agibilità;
  • la disposizione normativa della legge regionale si riferisce comunque ad edifici “destinati prevalentemente ad uffici e residenze o alloggi di servizio” e non già adibiti a tali destinazioni.

La questione si risolveva con un ricorso al Tar da parte del privato.

La sentenza del Tar Campania: la destinazione d’uso di un immobile è unicamente rinvenibile dagli atti amministrativi pubblici a carattere urbanistico e catastale

I giudici chiariscono che per destinazione d’uso degli edifici debba intendersi, analogamente a quanto evincibile dall’art. 23-ter (Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante) del dpr 380/2001, quella risultante dai titoli giuridici o dalle risultanze catastali,

essendo irrilevante un uso concreto che si assume sia o meno stato praticato sull’immobile.

La giurisprudenza ha infatti chiarito che la destinazione di un immobile non si identifica con l’uso che ne fa in concreto il soggetto che lo utilizza (mutamento d’uso di fatto), ma con quella impressa dal titolo abilitativo, assumendo una connotazione oggettiva che vale ad individuare in modo inconfutabile ed evidente un determinato bene.

In altri termini, la destinazione d’uso giuridicamente rilevante di un immobile è unicamente quella prevista da atti amministrativi pubblici, di carattere urbanistico o catastale.

Nel caso in esame, conclude il Tar:

la destinazione originaria va pertanto rinvenuta nel permesso di costruire rilasciato precedentemente, e non in un atto diverso quale quello di agibilità che ha funzioni diverse da quelle edilizie.

Sotto questo aspetto, i giudici mettono in evidenza una persistente efficacia del titolo edilizio anche se decaduto.

Il ricorso è, quindi, accolto.

 

 

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