variazione sagoma

Cambio di sagoma, serve il permesso a costruire

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La Cassazione ribadisce che qualsiasi cambio di sagoma d’ingombro è da ritenersi al pari di una nuova costruzione e quindi è necessario il permesso di costruire

L’ordinanza n. 20718/2018 della corte di Cassazione ribadisce che qualsiasi variazione di sagoma d’ingombro è sempre da ritenersi al pari di una nuova costruzione, anche se ci si appella ad un intervento ricostruttivo per adeguamento sismico.

Pertanto,  necessita quindi sempre di permesso di costruire, indipendentemente dalla realizzazione o meno d’una maggior volumetria e/o dall’utilizzabilità della stessa a fini abitativi.

I fatti in breve

Un proprietario di uno stabile procede alla demolizione e ricostruzione in situ del fabbricato, non rispettando:

  • l’originaria volumetria
  • la sagoma originaria
  • le distanze dal fabbricato limitrofo

Secondo il proprietario si tratterebbe di “unintervento ricostruttivo con adeguamento sismico funzionale ex legge n. 219 del 1981″, non assoggettato al rispetto delle distanze.

I vicini non condividendo questa tesi gli fanno causa ed in primo grado il tribunale, con una sentenza del 2008, condannava:

il convenuto (proprietario dello stabile)  all’eliminazione delle sporgenze (cioè dei corpi aggettanti costituiti dai balconi) che distavano meno di 1,5 metri dal confine con la proprietà degli attori, con arretramento degli stessi sino al limite previsto dal codice civile, nonché al risarcimento dei danni patiti dagli stessi attori per effetto delle violazioni edilizie realizzata.

In secondo grado la Corte di appello di Napoli, nella resistenza del proprietario, respingeva il ricorso ed in parziale riforma della sentenza di primo grado, disponeva l’arretramento del fabbricato dell’appellante, nella parte di fronte all’edificio, fino alla distanza di metri dieci dall’edificio degli originari attori, trovando nella specie applicazione delle norme tecniche attuative del PRG del Comune (diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice).

La Cassazione chiamata in causa, ribadisce che:

in materia di distanze tra edifici, per nuova costruzione si deve intendere non solo la realizzazione a fundamentis di un fabbricato ma anche qualsiasi modificazione nella volumetria di un fabbricato precedente che ne comporti l’aumento della sagoma d’ingombro, direttamente incidendo sulla situazione degli spazi tra gli edifici esistenti, e ciò anche indipendentemente dalla realizzazione o meno d’una maggior volumetria e/o dall’utilizzabilità della stessa a fini abitativi

Inoltre vengono richiamate, altre sentenza analoghe della stessa corte, nei casi di interventi di nuova costruzione dovuti a :

  • sopraelevazione che costituiscono analogamente nuova costruzione (Cass. 18 maggio 2011 n. 10909; Cass. 11 giugno 1997 n. 5246; Cass. 15 giugno 1996 n. 5517)
  • rifacimento di un tetto quando comporti l’aumento delle superfici esterne e dei volumi interni (Cass. 6 dicembre 1995 n. 12582)

La corte nel caso specifico ha osservato che vi era stato un ovvio aumento delle volumetrie e delle superfici, coprendo l’estensione dell’unica unità immobiliare ben due particelle in più rispetto al fabbricato preesistente, e che i lavori in questione erano stati sospesi per ben tre volte a causa delle difformità realizzate rispetto a quanto consentito dai titoli abilitativi.

 

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