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BIM e lavoro collaborativo: tipologie di contratto e nuovo codice Appalti

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BIM e lavoro collaborativo nel nuovo Codice appalti: le possibili vie d’uscita per consentire al settore delle costruzioni di uscire dalla crisi

I tentativi per uscire dalle crisi economiche che ciclicamente si ripropongono lungo il corso della storia sono riconducibili essenzialmente a:

  1. ottimizzazione di quanto già esistente
  2. introduzione di innovazioni che aprano a nuovi scenari e prospettive di sviluppo

Il settore delle costruzioni non è certo estraneo alla crisi che oggi sta attraversando il nostro Paese; sta pagando un costo elevatissimo in termini di posti di:

  • lavoro
  • mortalità di imprese
  • redditività complessiva del comparto

Se la perdita di redditività ha reso meno facile orientare gli investimenti privati verso il mondo delle costruzioni, la stessa crisi che l’ha generata ha eroso le disponibilità finanziarie dello Stato nei confronti dei lavori pubblici, che pur hanno costituito, più volte nel passato, stimolo e volano alla ripresa del settore.

Tali tratti accomunano la maggior parte dei paesi occidentali, ma è in Italia che la crisi ha assunto aspetti di particolare gravità in ragione della tipicità nazionale del settore, caratterizzato da un lato da operatori (imprese, raggruppamenti di professionisti, ecc.) dimensionalmente medio-piccoli e professionalità molto frammentate e dall’altro da uno Stato gravato da un debito pubblico tra i più alti al mondo.

È chiaro, quindi, che se altrove la crisi assume connotati anzitutto congiunturali, nel nostro Paese vi si sovrappongono anche aspetti strutturali che rendono più urgente l’intrapresa di misure adeguate per contrastarla e risolverla.

Ma dove, e soprattutto come, reperire le risorse per rimettere in moto un settore caratterizzato anche dalla sua proverbiale inerzia?

L’arretratezza del mondo delle costruzioni, procedurale più che strumentale, da sempre legato a modalità tradizionali di operare, suggerisce una chiara linea d’intervento.

A partire anche da queste considerazioni, infatti, l’idea della sua “digitalizzazione” ha preso piede in numerosi Paesi: la digitalizzazione come opportunità di ammodernamento di prassi spesso consolidate, ma obsolete per inefficienza e carente produttività.

All’interno di questo contesto si colloca l’attuale dibattito sul BIM: con il suo contenuto tecnologico e procedurale, infatti, esso rappresenta certamente uno degli strumenti fondamentali per l’attuazione della digitalizzazione del settore delle costruzioni.

Quali sono, allora, gli obiettivi perseguibili mediante il BIM e perché essi possono essere decisivi per il comparto?

Certezza di costi e certezza di tempi, ovvero certezza del risultato, sono gli elementi essenziali per qualsiasi tipo di investimento!

Dunque il BIM, inteso nella sua accezione più ampia di processo innovativo possibile grazie a software tecnologicamente all’avanguardia, costituisce una chiave di volta per la digitalizzazione dell’industria delle costruzioni al fine di migliorarne la produttività e, conseguentemente, l’appetibilità per l’investitore, vale a dire la bancabilità dei relativi interventi.

Si comprende, allora, l’impegno che tanti Paesi stanno riservando all’introduzione del BIM nelle prassi del settore, anche mediante mandati governativi o obblighi normativi.

Così come è sempre più ampia la letteratura in merito, le linee guida, i progetti pilota, le normative tecniche.

Anche l’Italia, pur partendo in ritardo rispetto ad altri Paesi Europei, sta iniziando a guardare con interesse crescente in questa direzione.

Il nuovo codice Appalti (dlgs 50/2016), che recependo la Direttiva 2014/24/CE introduce in Italia l’utilizzo progressivo del BIM nelle opere pubbliche, e l’imminente emanazione della nuova UNI 11337, prima norma tecnica italiana sul BIM, hanno costituito e costituiscono tutt’ora due dei principali volani al dibattito montante nel Paese in questi ultimi mesi a proposito del Building Information Modeling.

Il lavoro collaborativo utilizzando il BIM

Si sente sempre più insistentemente parlare di BIM come opportunità risolutiva dell’attuale crisi del comparto, di contro non sempre si riscontra una corretta consapevolezza di cosa effettivamente sia il BIM.

Sinteticamente il BIM può definirsi come un processo che “pone al centro l’informazione“ mediante tecnologie software che permettono la creazione del prototipo dell’intervento da realizzare e che consente, e al contempo richiede, modalità di lavoro collaborativo tra gli attori coinvolti.

Il prototipo, pertanto, diventa il veicolo dei contenuti informativi e l’oggetto su cui può incentrarsi l’attenzione delle varie professionalità coinvolte nel processo: nel Common Data Environment (CDE – v. art. “Il BIM come flusso di informazioni secondo le norme tecniche BS 1192 e la PAS 1192-2”), un “ambiente virtuale“ appositamente pensato e strutturato, il prototipo viene sviluppato e i rapporti di collaborazione tra le differenti professionalità possono operativamente avere luogo.

In questa visione della “filiera” del processo appare chiaro come il coinvolgimento dei vari attori e, per così dire, la messa a comun denominatore dei vari saperi, può essere sempre più anticipata sortendo vantaggi in termini di efficienza, progettuali (soluzioni sempre più condivise con conseguenti minori necessità di correzioni o modifiche) ed economici (riduzione dei costi all’anticiparsi delle modifiche progettuali).

Il flusso di lavoro descritto è rappresentato nelle seguenti figure (Figura 1, in cui è confrontato con la modalità di lavoro tradizionale e Figura 2, dove è rappresentata la variazione dei costi delle modifiche di progetto in funzione del momento in cui la modifica stessa è apportata).

Figura 1 – Fonte: AIA California Council's, Integrated Project Delivery: Working Definition

Figura 1 – Fonte: AIA California Council’s, Integrated Project Delivery: Working Definition

Figura 2- Fonte: Patrick MacLeamy, HOK (presentation)

Figura 2- Fonte: Patrick MacLeamy, HOK (presentation)

BIM e lavoro collaborativo nel nuovo Codice Appalti

I vantaggi descritti conseguenti ad una consapevole adozione della metodologia BIM realisticamente non appaiono oggi in grado di far sì che tali modalità di lavoro vengano largamente adottate per via esclusivamente volontaria.

Ecco perché il ripensamento del comparto in chiave innovativa che abbiamo sin qui illustrato, non potrà che richiedere un ammodernamento anche degli aspetti giuridici e contrattuali che regolano i rapporti tra gli attori.

In quest’ottica è da rimarcare come il forte ridimensionamento, da parte del nuovo Codice Appalti, del cosiddetto Appalto Integrato, sembra andare in direzione contraria a quanto illustrato in figura 1: è pertanto presumibile che la rilettura del nuovo Codice, di cui si parla da tempo, possa riprendere in considerazione questo aspetto, alla luce anche di alcuni decreti attuativi annunciati a breve (ma precedentemente la recente crisi di Governo).

Ben diversa risulta la situazione in altri Paesi, dove esistono forme contrattuali di tipo collaborativo e sono in corso studi ed esperienze pilota per il loro sviluppo in senso adattativo all’uso del BIM.

Le tipologie di appalto negli Stati Uniti

Molto interessante è la situazione nord-americana, dove le tipologie di appalto prevalenti, di cui esistono naturalmente numerose varianti, sono riconducibili alle seguenti:

  • Design-Bid-Built
  • Design-Built
  • Construction Management at Risk
  • Integrated Project Delivery

Design-Bid-Built  (DBB)

Si tratta del tradizionale appalto di costruzione, sostanzialmente simile a quello utilizzato nel nostro Paese, in cui alla progettazione segue, dopo l’espletamento della gara d’appalto, la fase di esecuzione dell’opera con l’entrata in scena del contraente.

Le due fasi di progettazione ed esecuzione sono rigidamente separate e il contraente non prende parte in alcun modo alla progettazione dell’opera.

Da punto di vista dell’utilizzo del BIM, quindi, non partecipando alla fase di progettazione, il contraente sarà chiamato a realizzare ex novo il modello informativo dell’edificio.

Design-Built  (DB)

È l’equivalente del nostro appalto integrato, in cui le responsabilità della progettazione e della costruzione sono accorpate in un unico soggetto.

In ottica BIM è evidente come questo modello contrattuale meglio aderisca alle sue metodiche e obiettivi.

È da rilevare, comunque, come entrambe le tipologie suddette non lascino molte possibilità al committente di intervenire sul progetto, per apportarvi modifiche o integrazioni, allorquando ne sia stato espletato l’affidamento.

Construction Management at  Risk  (CM@R)

La procedura di “Construction Management at Risk”, spesso richiamata in letteratura con le espressioni “CM at Risk” o “CM@R”, è una metodica di realizzazione di una costruzione secondo la quale il committente affida ad una società di “Construction Management” tutti i servizi di progettazione e direzione dei lavori.

Tali servizi vanno dalla fase di progettazione a quella di costruzione e possono riguardare, ad esempio, la preparazione e la gestione dei documenti di gara, la valutazione costi-benefici, le attività di pianificazione, la sorveglianza e valutazione dei lavori e il controllo dei costi, ecc.

Questa forma contrattuale, inoltre, pone in capo al direttore dei lavori (Construction Manager) la responsabilità del costo del progetto; infatti il committente è responsabile del progetto solo fino alla definizione del “prezzo massimo garantito” (Guaranteed Maximum Price) da parte della società di “Construction Management”.

Il “Construction Management at Risk” costituisce una forma di appalto integrato, in cui il costruttore è coinvolto sin dal processo di progettazione: si tratta di un approccio che valorizza i vantaggi dell’uso del BIM in quanto favorisce il coinvolgimento tempestivo di tutti gli attori coinvolti nell’attività di progettazione e realizzazione dell’opera.

Integrated Project Delivery (IPD)

È una procedura d’appalto relativamente nuova che sta diffondendosi grazie al sempre più vasto utilizzo del BIM e di cui esistono diverse declinazioni operative.

L’American Institute of Architecture (AIA) definisce l’IPD come “un metodo progettuale che integra persone, sistemi, strutture aziendali, tecnologie e tecniche in un processo che sfrutta in modo collaborativo i talenti e le intuizioni di tutti i partecipanti per ridurre gli sprechi e ottimizzare l’efficienza delle fasi di progettazione, fabbricazione e costruzione” .

Obiettivo di tale procedura è formare un team di lavoro che costituisca un ambiente collaborativo, dove siano coinvolte almeno le figure del proprietario/committente, del progettista e dell’appaltatore principale.

Tale collaborazione viene favorita e incentivata, mediante la condivisione contrattualmente definita degli oneri e degli utili. Ad esempio, il completamento del progetto in anticipo sui tempi o con un costo inferiore al “target cost” individuato, genererà vantaggi per l’intero team di lavoro.

Definiti l’obiettivo e la metodologia di fondo, le forme contrattuali potranno essere differentemente declinate, così come la composizione del team di lavoro potrà essere ben più ampia della triade precedentemente indicata, con il coinvolgimento anche dei principali consulenti alla progettazione, le maggiori imprese esecutrici fino ad aggregare i fornitori più importanti, nel caso di opere di estensione rilevante.

Va sottolineato come in questo caso il ruolo del committente non sia più marginale e relegato ad una fase di avvio delle attività: egli sarà presente operativamente nel team di lavoro in tutte le fasi, ad esempio per precisare i requisiti dell’intervento e validare gli esiti lungo tutto il processo.

È evidente, quindi, come l’IPD si coniughi molto bene con le metodiche e le tecnologie BIM (condividendone sostanzialmente obiettivi e modalità di lavoro) e sia in grado di massimizzare i vantaggi derivabili dal suo utilizzo.

È auspicabile, in conclusione, che anche l’Italia con il completamento della legislazione in materia di lavori pubblici, affronti in ottica BIM i relativi aspetti contrattuali: e questo nonostante la consapevolezza che l’effetto di indirizzo che ne potrà derivare probabilmente non sarà decisivo come invece certamente potrà risultare una progressiva crescita culturale che, speriamo, possa svilupparsi rapidamente stimolata dalle esperienze che cominciano ad effettuarsi nell’uso del BIM.

 

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