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Autorizzazione paesaggistica: è lecito negarla in un’area già compromessa/urbanizzata?

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Per il CdS occorre “salvare il salvabile”: un’area soggetta a vincolo seppur degradata e già edificata non pregiudica il diniego di autorizzazione paesaggistica

E’ vero che una Soprintendenza deve sempre dare ampia e soddisfacente motivazione in merito al diniego di un’autorizzazione paesaggistica, ma è altrettanto vero che in un’area con vincolo paesaggistico, anche se già compromessa dalla edificazione e dal degrado, occorre preservare ciò che è rimasto intatto.

Questa in sostanza la sentenza n. 3067/2021 del Consiglio di Stato.

Il caso

Una società proprietaria di un terreno in area soggetta a vincolo paesaggistico/archeologico, intendeva espandere la propria attività di lavorazione del legno con la costruzione di un edificio ad uso negozi, uffici e magazzino per oltre 1100 m² di superficie coperta.

Per tale necessità la società richiedeva l’autorizzazione paesaggistica che veniva negata dalla Soprintendenza competente.

La società, quindi, faceva ricorso al Tar, lamentando che:

  • l’area in questione risultava già ampiamente antropizzata e urbanizzata;
  • la Soprintendenza, invece di far uso di formule stereotipate, avrebbe dovuto chiaramente rilevare le caratteristiche delle costruzioni esistenti e di quelle autorizzate e il relativo impatto sul contesto di riferimento, operando poi un confronto (motivato e circostanziato) tra l’immagine paesaggistica antecedente e quella successiva all’intervento richiesto.

Il giudizio del Tar

Il Tar accoglieva il ricorso poiché il parere negativo della Soprintendenza sarebbe stato immotivato, in quanto si sarebbe limitato ad una mera descrizione del progetto ed ad un categorico giudizio di incompatibilità.

La Soprintendenza, quindi, impugnava la sentenza e faceva ricorso in appello presso il Consiglio di Stato.

La sentenza del Consiglio di Stato

I giudici del CdS osservano che dalla lettura delle planimetrie catastali e dalle foto della zona tratte da Google Earth (prove ampiamente attestate anche dalla Cassazione) risulta che la realizzazione del centro commerciale (data la sua particolare posizione) arrecherebbe particolare disturbo alla lettura del territorio e delle emergenze archeologiche vincolate in esso presenti.

Palazzo Spada chiarisce che in merito alla motivazione della società circa lo stato di degrado dell’area vincolata oggetto del progetto non assentito:

In termini generali, vale anzitutto il principio per cui l’avvenuta edificazione di un’area o il suo degrado non costituiscono ragione sufficiente per escludere l’imposizione di un vincolo, e a maggiore ragione il giudizio di incompatibilità di un intervento con il vincolo esistente, che in sintesi va a limitare i danni ulteriori e a proteggere quanto rimasto dell’originario valore paesaggistico.

In definitiva, per i giudici occorre “salvare il salvabile“, ma ciò non esime la Soprintendenza dal motivare un diniego di autorizzazione paesaggistica in modo ampio ed esauriente.

Il ricorso è, quindi, accolto.

 

Per maggiore approfondimento leggi anche questi articoli di BibLus-net

 

Clicca qui per scaricare la sentenza del CdS

 

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