Abuso edilizio: la buona fede può arrestare la demolizione
La provata buona fede del nuovo proprietario che ha acquistato un immobile con abusi edilizi, arresta l’ordine di demolizione. I chiarimenti del Tar Campania
E’ palese che chi compra un immobile, in linea di massima, è responsabile anche di eventuali abusi edilizi ereditati con l’acquisto dal precedente proprietario che spesso li ha commessi materialmente.
In quale caso però la buona fede di un acquisto di un immobile, che risulti caratterizzato da abusi edilizi, può fermare un’ordinanza di demolizione?
A questa domanda risponde il Tar Campania con la sentenza n. 2123/2021.
Il caso
Il proprietario di un fabbricato condominiale si vedeva recapitare un’ordinanza di demolizione da parte del Comune.
La demolizione, in particolare, colpiva un locale seminterrato adibito a garage.
Quest’ultimo nel progetto dell’edificio (assentito con regolare titolo edilizio) risalente al 1962, risultava come unico locale, mentre il Comune (a quasi 60 anni di distanza dalla data di costruzione) accertava lo stato di fatto del garage suddiviso in diversi box singoli.
Il proprietario dichiarava di aver acquistato l’immobile con atto notarile che menzionava anche la costruzione dell’intero fabbricato avvenuta in conformità a regolare licenza edilizia; per tale motivo egli invocava la buona fede dell’acquisto poiché, oltretutto, da allora non aveva mai effettuato altri lavori sull’immobile.
La questione finiva dinanzi al Tar.
La sentenza del Tar Campania
I giudici fissano tre punti fermi della questione a favore del privato ricorrente:
- il proprietario dell’immobile ha acquisito (nel 2019) l’immobile in buona fede rassicurato dalla dichiarazione nell’atto notarile che quanto acquistato era conforme all’originario titolo edilizio del 1962;
- il ricorrente dal momento dell’acquisto non ha mai effettuato alcun lavoro edilizio sull’immobile;
- l’ordinanza di demolizione è arrivata molti anni dopo la costruzione del fabbricato assentito con una licenza edilizia nel 1962.
Su ogni cosa, i giudici chiariscono che la buona fede dell’acquisto, provata da quanto riportato nell’atto notarile di compravendita, andava tenuta in considerazione dal Comune.
Oltretutto, a parere del Tar, il ricorrente su quell’immobile ha sempre versato diligentemente al Comune tutte le tasse previste dai tributi locali, al contrario, invece, l’amministrazione comunale si è rivelata inerte verso i suoi compiti di vigilanza, facendo recapitare un’ordinanza di demolizione a distanza di oltre 50 anni dalla realizzazione dell’edificio.
I togati specificano, infine, che un’ordinanza di demolizione che sia stata emessa dopo molto tempo dal verificarsi dell’abuso edilizio, deve essere particolarmente motivata circa l’interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi comparato con l’interesse del privato a conservare l’integrità del bene posseduto.
Il ricorso è, quindi, accolto.
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